Incassi oltre quota 800 milioni (+10%) tra gennaio e aprile di quest’anno. Ancora più sostenuta la dinamica dei volumi che sfiora le 700mila tonnellate.

Esordio sugli scudi nel 2018 per l’export di paste italiane. I primi quattro mesi, quelli di cui l’Istat ha finora fornito un riscontro statistico, certificano risultati decisamente migliori rispetto alle attese, ribaltando la dinamica negativa del fatturato sperimentata negli ultimi dodici mesi (-0,8%) e quella ancora più accentuata del 2016 (-1,8%).

Con oltre 800 milioni di incassi tra gennaio e aprile di quest’anno le paste Made in Italy lasciano traccia di una crescita a doppia cifra, con un 10% tondo di progressione rispetto ai primi quattro mesi del 2017. Si consideri che per trovare un incremento a doppia cifra bisogna risalire la serie storica fino al 2008, anno in cui, sull’onda inflattiva prima del grano e poi della pasta, si era avuta addirittura un’impennata delle vendite oltre confine di quasi il 30 per cento.

Da allora in poi, con alti e bassi, la dinamica dell’export è apparsa decisamente più moderata. Il 10% coronato a tutto il mese di aprile scrive dunque una nuova pagina, su cui restano anche i segni di un avanzamento dell’11% delle spedizioni fisiche, che hanno sfiorato nei primi quattro mesi di quest’anno la soglia delle 700 mila tonnellate.

La condizione ciclica favorevole è comprovata da una batteria di dati positivi, salvo casi eccezionali. Il dettaglio geografico delle esportazioni di paste tricolore suggella infatti l’ottimo esordio d’annata in tutte le principali destinazioni. ln Germania gli incassi sono lievitati di quasi 7 punti percentuali, ma in Francia, secondo sbocco commerciale se si guarda ai volumi, ma primo per giro d’affari, si è andati ben oltre, con un 18,3% di crescita anno su anno che non ha uguali nella top-10 dei paesi acquirenti.

Ciò non toglie che dalla sequela dei dati snocciolati dall’Istat emergano situazioni di forte dinamismo come quella degli USA, paese in cui il volume d’affari è lievitato di quasi il 13%. Neanche Brexit sembra frenare le esportazioni di paste, che in Regno Unito hanno comunque archiviato un incremento del 4,3%, suggellato da un più robusto 9,2% dei flussi quantitativi.

L’unico segno meno, tra i big buyer, è quello del Giappone dove a un 8% abbondante di riduzione a volume ha corrisposto un 6% circa di minore incasso. Un risultato ampiamente controbilanciato dai progressi, tutti double digit, in Belgio, Spagna, Paesi Bassi e Svezia.

Per dimensione sia del fatturato che delle vendite fisiche la Russia resta un mercato di seconda fascia, in compagnia di Svizzera, Austria e Polonia. Dalle letture statistiche emergono tuttavia miglioramenti tangibili, con le importazioni di Mosca (la pasta non è tra i prodotti colpiti da embargo) lievitate di oltre il 70% a volume e dell’80% in valuta.

Grazie alle brillanti performance dell’export la bilancia commerciale del settore ha chiuso i conti con l’estero con un surplus di € 776 milioni, in crescita del 9,5% su base annua. Ai partner UE sono ascrivibili due terzi del fatturato estero (530 milioni abbondanti, corrispondenti a un più 10,3%), mentre le esportazioni verso i Paesi Terzi (USA e Giappone in testa) hanno sfiorato quota 270 milioni, mettendo a segno un progresso del 9,5%.

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