Sentenza della Corte UE: gli organismi ottenuti mediante mutagenesi, le nuove tecniche che non prevedono l’inserimento di Dna estraneo, sono soggetti alla direttiva europea.
Le restrizioni previste dalla Direttiva Europea sugli OGM si applicano anche agli organismi ottenuti mediante mutagenesi, l’insieme di tecniche sviluppate successivamente alla sua adozione che consentono di modificare il genoma di una specie vivente senza inserire DNA estraneo.
Lo ha stabilito la Corte di Giustizia UE, rispondendo al ricorso di un gruppo di associazioni francesi contro l’uso di sementi ottenute mediante mutagenesi sito-specifica, una biotecnologia di ultima generazione, specificando tuttavia che «gli organismi ottenuti attraverso tecniche di mutagenesi utilizzate convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza sono esentati» dagli obblighi della Direttiva, «fermo restando che gli Stati membri sono liberi di assoggettarli, nel rispetto del diritto dell’Unione, agli obblighi previsti dalla Direttiva o ad altri obblighi».
Le tecniche di mutagenesi hanno consentito negli ultimi anni, come riconosce la stessa Corte UE, di sviluppare varietà di sementi resistenti a erbicidi selettivi. La sentenza rileva però anche che, sostanzialmente, gli organismi ottenuti mediante mutagenesi sono OGM ai sensi della Direttiva Europea sugli OGM, nei limiti in cui le tecniche e i metodi di mutagenesi modificano il materiale genetico di un organismo secondo modalità che non si realizzano naturalmente. Per la Corte «ne consegue che tali organismi rientrano, in linea di principio, nell’ambito di applicazione della Direttiva sugli OGM e sono soggetti agli obblighi previsti da quest’ultima».
La Corte constata comunque che dalla direttiva sugli OGM emerge che quest’ultima non si applica agli organismi ottenuti per mezzo di determinate tecniche di mutagenesi, ossia quelle che sono state utilizzate convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza. Tuttavia, «gli Stati membri sono liberi di assoggettare siffatti organismi, nel rispetto del diritto dell’Unione (in particolare delle norme relative alla libera circolazione delle merci), agli obblighi di cui alla Direttiva sugli OGM o ad altri obblighi» più stringenti.
Infatti, «la circostanza che tali organismi siano esclusi dall’ambito di applicazione della Direttiva non significa che le persone interessate possano disseminarli nell’ambiente in modo deliberato o immetterli sul mercato nell’Unione». Gli Stati membri possono dunque legiferare autonomamente in materia nel rispetto del diritto dell’Unione, in particolare delle norme relative alla libera circolazione delle merci.
È opportuno ricordare che gli obblighi della Direttiva Europea sugli OGM, che risale al 2001, sono sostanzialmente quello di autorizzazione e l’obbligo di indicare in etichetta, per i prodotti trasformati come i mangimi, l’eventuale presenza accidentale di tracce di organismi geneticamente modificati quando questa supera lo 0,9 per cento.
Confagricoltura: sorpresi da sentenza Ue, da nuove tecniche effetti positivi
Di diverso tenore le reazioni delle associazioni. Negativa quella di Confagricoltura: «Siamo profondamente sorpresi per l’odierna sentenza della Corte di Giustizia UE che, ribaltando il parere depositato a gennaio dall’avvocatura generale, ha stabilito come in linea di principio gli organismi ottenuti mediante nuove tecniche di mutagenesi siano OGM. E in quanto tali, soggetti agli obblighi previsti dalla Direttiva comunitaria in materia».
Sulla mutagenesi l’organizzazione ricorda che «si tratta di una tecnica innovativa in continua evoluzione dalla cui applicazione, utilizzata anche dai ricercatori italiani, possono derivare risultati positivi per la salvaguardia delle nostre produzioni». Queste nuove biotecnologie, secondo Confagricoltura, possono, infatti, contribuire alla riduzione degli sprechi alimentari, a garantire una produzione alimentare sostenibile, a tutelare le nostre produzioni tipiche, oggi minacciate da malattie di difficile controllo, in continua evoluzione, e dai cambiamenti climatici.
Coldiretti: tutelato il principio di precauzione
Coldiretti sottolinea invece come la sentenza tuteli il principio di precauzione: «Lo studio e l’impiego di ogni nuova tecnologia che aiuta ad esaltare la distintività del nostro modello agroalimentare, il Made in Italy e i suoi primati di biodiversità, possono essere approfonditi e valutati solo nel rispetto del principio di precauzione, della sostenibilità ambientale, del libero accesso al mercato, della reversibilità e della necessità di fornire una risposta alle attese dei consumatori», afferma il presidente Roberto Moncalvo.