Un settore in salute. È il vino italiano secondo quanto è emerso nell’ambito della presentazione delle stime vendemmiali 2018 messe a punto da ISMEA e UIV. Presentazione che è avvenuta stamani a Roma. E che si tratti di un settore in salute non emerge solo dai dati produttivi. Cifre che, comunque, con una previsione di 49 milioni di ettolitri (inferiore rispetto ai 55,8 milioni stimati da Assoenologi), ma comunque in crescita rispetto al 2017 del 15% parlano di un’annata produttiva che ha in buona parte recuperato il “buco” di offerta dello scorso anno. Numeri inoltre che confermerebbero la leadership produttiva mondiale all’Italia visto che la Francia nonostante la crescita del 25% non andrà oltre i 46 milioni di ettolitri mentre la Spagna è a quota 43 milioni (+17 per cento).
Un settore in salute non solo per i dati produttivi ma anche per lo scenario più complessivo tratteggiato nella mattinata al Ministero delle Politiche Agricole, da Fabio Del Bravo di ISMEA.
Elementi che parlano di un incremento delle vendite in valore tanto nella GDO italiana (che veicola ormai stabilmente oltre il 70% del vino) che sui mercati esteri. Anzi, in entrambi i casi si registra contemporaneamente una leggera flessione dei volumi compensata da una significativa crescita dei valori e quindi della qualità.
In particolare, per quanto riguarda gli scaffali della grande distribuzione, i dati forniti da ISMEA e relativi al periodo gennaio-agosto 2018 parlano di una crescita del fatturato del 5% e di un calo delle quantità del 2,9%.
Una tendenza ancora più marcata sul fronte dei mercati esteri per i quali i dati ISMEA si riferiscono al periodo gennaio-maggio 2018 e disegnano una crescita in valore del 4,3% nonostante il vero e proprio crollo dei volumi (-9,7%).
La performance fatta registrare nel fatturato estero del vino risulta inoltre superiore sia a quella del comparto agroalimentare (+3,3%) che a quella dell’export italiano nel complesso (+3%).
Sul piano della progressiva sostituzione dei vini di minore qualità con quelli a denominazione d’origine e a maggiore valore aggiunto i numeri lasciano trasparire anche una sorta di accelerazione. Mentre le spedizioni dei vini DOP sono aumentate sia in valore (+10,7%) che in volume (+10,8%), quelli IGP sono calati in entrambi i valori, rispettivamente -9,4% e -16,3%. E ancora peggio è andata per i vini da tavola o comuni per i quali il crollo è stato in volume di ben il 30,7%.
Il principale Paese ad aver voltato le spalle al vino sfuso italiano è la Germania i cui acquisti di vino da tavola dall’Italia, sempre nel periodo gennaio-maggio 2018 sono calati del 14,9%. «Un crollo – ha spiegato Del Bravo – che ci ha visto soppiantati dai produttori di Spagna e Australia ma che non credo veda i produttori italiani fasciarsi la testa: si tratta infatti di un mercato nel quale il prezzo medio è di €1 euro».
I riflessi di questi trend ovviamente non possono che farsi sentire sul fronte dei prezzi. Il prezzo medio dei vini nel complesso che nel 2014 era di €1,1 al litro per la Spagna, di € 2,52 per l’Italia e di € 5,34 per la Francia è passato nel 2018 a € 1,28 per la Spagna (+15%), a € 3,11 per l’Italia (+24%) e € 6,29 per la Francia (+17%). Complice anche la scarsa produzione dello scorso anno; un sostanziale incremento dei listini del vino si è registrato anche in Italia considerato che l’indice ISMEA dei prezzi ha fatto registrare a giugno 2018 su base annua un più 31%.
E la sintesi finale di un quadro tutto sommato positivo è infine sul dato sulle superfici.
«La cartina di tornasole di quanto gli imprenditori credano in un settore è negli investimenti – ha concluso Del Bravo -. Ebbene il vigneto Italia ha raggiunto quota 652mila facendo registrare per il secondo anno consecutivo un incremento: gli ettari in produzione infatti sono ben 17mila in più rispetto a due anni fa».