La norma che, in caso di emissione di Fatture per Operazioni Inesistenti (FOI), obbliga il soggetto a effettuare il versamento dell’IVA indicata in tali documenti fiscali, prevale su qualsiasi regime speciale o agevolativo previsto dalla disciplina dell’IVA, compreso quindi quello dei produttori agricoli di cui all’articolo 34 del Dpr 633/1972.

Ne discende che a tal fine l’opzione per il regime speciale dei produttori agricoli è irrilevante, dovendo il contribuente comunque corrispondere, in caso di emissione di fatture false, l’imposta indicata nelle fatture stesse.

Lo ha riaffermato la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione con ordinanza n. 6290/2018. Nello specifico l’ufficio aveva notificato a una società agricola un avviso di accertamento con il quale ha contestato per gli anni 1992 e 1993 una serie di violazioni in materia di IVA.

I primi giudici tributari hanno accolto il ricorso proposto dalla società contribuente, mentre il Collegio Regionale calabrese ha accolto in parte l’appello dell’ufficio.

In particolare, i giudici di appello hanno confermato la ripresa fiscale per le fatture fittizie esattamente in base a quanto disposto dall’articolo 21, comma 7, del Dpr 633/1972, riconoscendo il carattere punitivo e sanzionatorio introdotto dal legislatore come deterrente per evitare il verificarsi di operazioni fraudolente. I giudici del Palazzaccio, nel confermare tale impostazione, hanno rinverdito il proprio costante orientamento, in base al quale il citato comma 7 dell’articolo 21 del Dpr 633/1972 va interpretato nel senso che il corrispondente tributo deve essere considerato “fuori conto” e la relativa obbligazione, conseguentemente, “isolata” da quella risultante dalla massa di operazioni effettuate ed estraniata, per ciò stesso, dal meccanismo di compensazione (tra IVA “a valle” e IVA “a monte”) che presiede alla detrazione d’imposta (fra tante, sentenze n. 39177/2008, n. 21952/2007 e n. 4247/2007).

Sicché per gli Ermellini l’IVA a debito indicata nella fattura emessa per un’operazione mai posta in essere impone il pagamento della corrispondente imposta da parte del soggetto passivo IVA (di colui, cioè, che emette la fattura) conformemente al principio di formalità dell’IVA, secondo cui per il solo fatto della sua emissione, la fattura è titolo di credito.

Infine, è appena il caso di rimarcare che, secondo il citato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la fattura relativa all’operazione inesistente non consente al “falso” acquirente la detrazione dell’imposta assolta sull’acquisto, secondo il tipico meccanismo di funzionamento dell’IVA. Infatti, poiché fondata su un’operazione fraudolenta, l’eventuale detrazione dell’imposta assolta dall’acquirente, se operata, sarebbe illegittima, dato che la disciplina IVA prevede la detrazione dell’imposta effettivamente assolta o dovuta sugli acquisti (fra tante, sentenze n. 7289/2001 e n. 14337/2002).

 

 

 

 

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