Il radar degli analisti intercetta a fine anno quota 12,3 milioni di tonnellate, pronosticando un 2% di crescita su dodici mesi. Stessa dinamica nel 2019 – in una prospettiva di de-risking sul piano dell’emergenza sanitaria – con l’output dei Ventotto proiettato a ridosso dei 12,5 milioni di tonnellate, corrispondenti a una crescita di un altro punto percentuale abbondante.
Stando alle previsioni dell’USDA, il Dipartimento dell’Agricoltura americano, la condizione ciclica resta positiva nell’UE sia per i consumi interni che per l’export. La convenienza all’acquisto delle carni avicole, in un contesto di graduale attenuazione della crescita economica, spiega le attese favorevoli sul circuito domestico. Quanto all’export, a dare impulso alle vendite nei mercati extra-UE saranno invece i Paesi dell’Africa sub-sahariana e la richiesta di alcune nazioni asiatiche. Di pari passo – riferisce l’analisi – le importazioni subiranno una battuta d’arresto sia quest’anno che il prossimo, conseguente al blocco parziale degli arrivi dal Brasile per l’emergenza salmonella.
A raccogliere i benefici di una presenza meno ingombrante del big sudamericano saranno la Tailandia, destinata ad assumere il ruolo di primo fornitore, e l’Ucraina, favorita dal trattamento preferenziale nei rapporti commerciali con l’UE.
Tornando alla produzione, dalle ultime letture statistiche emerge il ruolo della Polonia, top player in Europa, che dopo tre lustri di crescita ininterrotta è arrivata a sfiorare il 20% di quota-UE per capacità produttiva. Da evidenziare che per contrastare l’impatto ambientale associato alla diffusione di allevamenti intensivi il Paese ha attivato una filiera del reimpiego delle deiezioni avicole, utilizzandole nella coltivazione di funghi, di cui Varsavia è diventata nel frattempo uno dei maggiori produttori a livello continentale.
In Spagna la disponibilità di carni avicole dovrebbe tendere quest’anno a stabilizzarsi, mentre il giro di vite sugli adempimenti ambientali ha messo in stand-by gli allevamenti in Germania. In stallo anche la produzione francese, che oltre confine accusa il pressing competitivo di altri Paesi europei.
Relativamente all’Italia, l’USDA si attende una crescita della produzione quest’anno, grazie a una buona redditività del settore, ma una possibile frenata nel 2019, in previsione di un rintracciamento dei prezzi e di un mercato in oversupply.
L’altro aspetto da considerare è il possibile impatto sugli allevamenti europei di un aumento dei costi dei mangimi, conseguente ai rincari dei cereali. Considerati gli attuali livelli dei prezzi, osserva l’analisi, l’aumento dei costi avrebbe tuttavia conseguenze relativamente modeste sul comparto avicolo, attenuando la crescita della produzione senza invertirne la tendenza.
Le stime degli analisti americani incorporano anche l’aspettativa di un forte aumento degli acquisti UE di soia a stelle e strisce, ceduta a sconto rispetto ai prezzi internazionali, con un implicito effetto calmiere sui costi di produzione degli allevamenti europei.
Si consideri che in base ai dati dell’Eurostat, l’ufficio statistico di Bruxelles, le importazioni di soia USA nei paesi UE sono quasi quadruplicate a luglio, facendo segnare su base annua un più 283%.
Significativo anche il divario di prezzo rispetto ai principali competitors, con la soia yankee ceduta a € 323 per tonnellata, contro i € 358 di quella brasiliana e i € 369 del prodotto canadese.