Ha concluso i propri lavori la Commissione insediata a febbraio scorso, in Francia, su iniziativa dei Ministri dell’Economia, Bruno Le Maire e dell’Agricoltura, Stephane Travert, con il compito di elaborare una proposta di riforma della fiscalità in agricoltura.

La proposta, hanno fatto sapere i due Ministri, sarà presentata la prossima settimana, anche in vista dei passaggi finali relativi all’approvazione della legge di bilancio per l’anno venturo.

Intanto, in una comunicazione inviata agli associati, Christiane Lambert presidente della FNSEA – l’organizzazione più rappresentativa degli agricoltori francesi – ha annunciato che è stata fatta propria dalla commissione una proposta caldeggiata da tempo dall’associazione. Non solo: secondo la Lambert, il governo sarebbe pronto a farla entrare in vigore già all’inizio del 2019.

Si tratta del “risparmio precauzionale” degli agricoltori, agevolato sotto l’aspetto fiscale. In sostanza, il Governo rinuncerebbe a tassare gli interessi sui risparmi dei capi azienda fino ad un massimo di                 € 100mila.

 

In una nota la FNSEA ha evidenziato che è aumentata negli ultimi anni la volatilità dei prezzi, che si è aggiunta alla variabilità delle condizioni climatiche: quest’anno, ad esempio, gli agricoltori hanno dovuto fare i conti con una prolungata fase di siccità.

Con il “risparmio precauzionale” e agevolato, i produttori sarebbero incentivati ad accantonare una parte degli utili negli anni di buona congiuntura, per disporre – al di là degli eventuali interventi pubblici – della liquidità necessaria ad assicurare la continuità produttiva nelle fasi più critiche dei mercati, o per riparare i danni provocati dal maltempo.

In effetti, un Fondo di riserva a cui ricorrere in caso di gravi crisi di mercato è stato costituito anche a livello europeo, con un finanziamento assicurato da una trattenuta effettuata ogni anno sugli aiuti diretti della PAC.

Le crisi non sono mancate, basti solo ricordare quella che ha colpito il settore lattiero-caseario, ma il Fondo non è mai stato attivato e le risorse trattenute sono state restituite agli agricoltori. Tra gli Stati membri non è mai stato possibile raggiungere un accordo per l’attivazione del Fondo.

Per un motivo semplice: per non correre il rischio di ricevere – a seconda del settore in crisi – meno di quanto trattenuto a monte sugli aiuti diretti a livello nazionale. Insomma, il Fondo di riserva della UE è rimasto bloccato per una questione di conti che rischiavano di non tornare tra partner e comparti produttivi. Come conferma la decisione di restituire nell’aiuto PAC 2017 il prelievo pari a circa l’1,34% effettuato per alimentare la riserva rimasta poi inutilizzata.

Nel quadro della riforma della PAC dopo il 2020, la Commissione ha proposto un nuovo strumento a validità pluriennale per la gestione delle crisi, finanziato all’interno del bilancio agricolo dell’Unione. La proposta ha suscitato un ampio consenso da parte degli Stati membri.

 

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