«Capisco l’obiettivo di tutelare i centri storici e determinati rami commerciali, ma lo strumento individuato, quello dello stop al commercio nelle domeniche e nei festivi è completamente sbagliato se non controproducente». Ne è convinto il presidente di Federalimentare, Luigi Scordamaglia che interviene nel dibattito sulle proposte di legge della maggioranza per regolamentare in maniera più stringente rispetto all’attuale regime di liberalizzazione, l’attività degli esercizi commerciali durante le domeniche e i festivi.

«La crescita del 90% delle PMI italiane è legata ai consumi – aggiunge Scordamaglia -. In particolare, nel settore alimentare dove gli acquisti degli ultimi anni risultano stagnanti se non in calo (gli ultimi dati parlano di un -1% in volume). Gli unici consumi in crescita sono quelli legati all’e-commerce che ha una delle sue principali attrattive nella disponibilità 24 ore su 24. E invece di prendere spunto da quest’aspetto cosa facciamo? andiamo nella direzione opposta? La sensazione è che chiudendo la domenica e nei festivi quella fetta di consumi non si sposterà su altri giorni ma semplicemente finirà per scomparire».

Secondo il Presidente di Federalimentare in Italia ci sono 12 milioni di cittadini che preferiscono effettuare i propri acquisti la domenica e addirittura 19 milioni che li concentrano nei giorni festivi. «Cittadini che organizzano la propria vita su questi ritmi e su queste che sono diventate abitudini – prosegue Scordamaglia -. Se a questo aggiungiamo anche che una buona fetta di questi consumi sono “di impulso”, appare evidente che se queste modalità di acquisto non si assecondano ma anzi si ostacolano, nel giro di poco scompariranno».

Senza contare poi le numerose implicazioni che investono l’aspetto occupazionale. «I contratti collettivi nazionali – aggiunge Scordamaglia – prevedono importanti aumenti retributivi per chi lavora la domenica e nei festivi. Nel settore alimentare si va dal +25 al +30%. Per altri settori ci si ferma al 20% in più. Si tratta di quindi una libera scelta che, nel caso dei lavoratori che decidono di adottarla, deve essere tutelata. Dove le regole esistono i lavoratori hanno l’opportunità di portare a casa importanti incrementi retributivi. Questa situazione non va confusa con la realtà di imprese che pagano i propri lavoratori in nero e non rispettano le regole. Questa seconda categoria di aziende va chiusa la domenica come negli altri giorni della settimana. Ma non è che per evitare gli abusi di qualcuno, che beninteso vanno puniti, si crea un danno reale a un intero sistema».

E non tiene neanche l’accusa che l’Italia sia tra i pochi Paesi che hanno liberalizzato il commercio nei giorni festivi. «Secondo l’Istituto Bruno Leoni in Europa sono in queste condizioni 16 paesi su 28 – dice ancora il presidente di Federalimentare. E anche chi non ha liberalizzato consente le aperture nei festivi a determinate condizioni, condizioni tra le quali spesso c’è proprio il settore alimentare o determinate aree. Concentriamoci sul rispetto delle regole da parte di tutti. Io capisco che si voglia incentivare un giovane a recarsi di più a cinema o a teatro, ma pensare di farlo chiudendo i centri commerciali mi sembra frutto di una visione un po’ grossolana».

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