Il castello medievale si staglia sulla collina tra i vigneti e accoglie il visitatore con scorci che sembrano cristallizzati nel tempo. Intorno alla rocca di Soave, il paesaggio è dolcemente ondulato e dedicato alla vocazione enologica.

Oggi quel paesaggio che trova nel vino il perno di una bellezza georgica è patrimonio dell’umanità per l’agricoltura, il primo in Italia legato alla viticoltura.

Il comitato scientifico della FAO ha infatti approvato l’inserimento del Soave come 53 simo sito mondiale riconosciuto come patrimonio dell’umanità dell’agricoltura (secondo il programma GIAHS). Un traguardo raggiunto al termine di un percorso lungo più di 10 anni e concluso con questo riconoscimento che tutela come patrimonio dell’umanità i tratti distintivi di questo territorio che sono la pergola veronese, il sistema delle sistemazioni idrauliche fatto di muretti a secco e terrazzamenti (riconosciuti ieri tra l’altro dall’UNESCO come patrimonio immateriale), l’appassimento e il Recioto di Soave e l’organizzazione sociale fatta dai tremila viticoltori riuniti in una cooperazione virtuosa.

Valori e tradizioni centenari, tramandati di generazione in generazione, che oggi sono ancora vivi e portati avanti dai giovani che scelgono di dedicarsi ai vigneti allevati sui suoli vulcanici e calcarei della denominazione.

Il Consorzio Tutela Vino Soave ha condotto un lavoro lungo per dare evidenza al valore intrinseco di tutti gli elementi distintivi ed identitari del territorio, raggiungendo nel 2015 il riconoscimento come primo Paesaggio Storico Rurale Italiano e oggi all’accoglimento della candidatura GIAHS.

“È una grande, grandissima soddisfazione – rimarca il presidente Sandro Gini – Questo riconoscimento colloca Soave tra i più importanti sistemi agricoli e vitivinicoli al mondo. È stata riconosciuta la capacità di mantenere tradizioni centenarie, pur nell’innovazione che deve contraddistinguere un sistema produttivo moderno, efficiente e redditizio. Soave diventa esempio per l’intera umanità e di questo non possiamo che essere felici”.

Il riconoscimento viene però percepito come non come un alloro su cui crogiolarsi, ma “come un punto di partenza per nuovi progetti legati alla tutela e valorizzazione (sostenibile) di un patrimonio unico”, chiosa il direttore del Consorzio Aldo Lorenzoni. La rilevanza del progetto è mondiale – sottolineano dal Consorzio – e le ripercussioni sul valore del vino e sull’impatto turistico che il riconoscimento potrà portare saranno importanti

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