C’è un “Caso Italia” che sta cambiando la geografia dell’export di grano duro canadese. Un fattore non secondario per Ottawa, primo produttore mondiale, che dopo il tracollo delle spedizioni in Italia sta puntando adesso a nuovi mercati e a un rafforzamento delle quote in sbocchi tradizionali, ad iniziare dai Paesi del Nord Africa.
Nei primi due mesi di commercializzazione (agosto-settembre 2018), le esportazioni di grano duro canadese si sono ridotte in generale di quasi il 15% su base annua, facendo segnare una flessione di oltre il 70% in Italia, secondo i dati del Canadian Grain Commission.

Ma già l’intera campagna trascorsa aveva lasciato un’eredità negativa, con le vendite all’estero scese complessivamente sotto la soglia de 4 milioni di tonnellate (-8,2%). Pesante il bilancio soprattutto in Italia, dove l’export è quasi dimezzato a distanza di un anno. Un risultato solo parzialmente compensato da un forte aumento delle vendite in USA (più che triplicate) e da un 22% di crescita in Marocco, mentre in Algeria, divenuto il primo mercato di riferimento, le spedizioni hanno subito una leggera flessione.

Secondo l’USDA, la perdita dello sbocco italiano è stata determinata dall’obbligo dell’indicazione dell’origine delle materie prime impiegate per la produzione di pasta, introdotto dallo scorso febbraio, e dalla crisi d’immagine legata alla vicenda del glifosato. Dal 2019, stando alle valutazioni del Ministero dell’Agricoltura canadese, si preannuncia nel Paese una fuga dal grano duro, con un drastico taglio degli investimenti sia per le perdite in Italia (dove crescono invece le importazioni di grani duri francesi, kazaki e australiani) sia per i bassi prezzi internazionali.

Quest’anno il raccolto canadese ha fatto segnare un decisivo recupero rispetto ai livelli della scorsa stagione, con un più 15% e una produzione che le stime ufficiali, riviste al rialzo nel mese di ottobre, attestano a quota 5,7 milioni di tonnellate. Le minori pressioni alla vendita dai Paesi UE, ma anche da Kazakistan, Messico e Australia per i prossimi 6 mesi, potrebbero ridare un po’ di slancio alle esportazioni – sostengono gli esperti del Ministero dell’Agricoltura canadese – migliorando le prospettive soprattutto in Nord Africa. Negli Stati Uniti, al contrario, il forte aumento della produzione (da 1,49 a 2,1 milioni di tonnellate) potrebbe frenare le esportazioni.

A livello mondiale le ultime stime dell’International Grains Council attestano a 37,5 milioni di tonnellate la produzione 2018-19 di grano duro, in crescita dell’1,3%. Considerando i 9,8 milioni di stock di riporto, si prevede una disponibilità complessiva di 47,3 milioni, a fronte di un consumo globale di 37 milioni e mezzo di tonnellate, in lieve aumento (+300 mila tonnellate) rispetto alla scorsa campagna.

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