Stop all’obbligo di dismettere le partecipazioni azionarie per le pubbliche amministrazioni che detengono quote in società produttrici di latte e derivati, come la Centrale del Latte di Asti e Alessandria. Punta dritto verso questo obiettivo il progetto di legge della Lega che alla Camera ha incassato la corsia preferenziale.

Se la proposta, primo firmatario il capogruppo del Carroccio Riccardo Molinari, otterrà l’approvazione parlamentare, saranno escluse dal vincolo della legge Madia tutte le quote azionarie delle Pubbliche amministrazioni in partecipate che producano beni e servizi nel comparto lattiero-caseario (l’obbligo rimarrà confermato, invece, per altri settori).

«L’obiettivo – commenta Molinari – è riconoscere alle pubbliche amministrazioni le funzioni di garanzia e di controllo sulla filiera lattiero casearia, che la riforma Madia ha fatto venir meno e mantenere il ruolo di garanzia svolto dalle Centrali del latte a tutela della salute dei consumatori e dell’ambiente, un ruolo funzionale al perseguimento delle finalità pubbliche svolte dall’ente amministrativo».

La proposta di legge incanalata in corsia preferenziale ricalca in pieno il caso della Centrale del Latte di Brescia che poco meno di una anno fa, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, è stata stornata dal computo della legge Madia, garantendo al comune di Brescia il mantenimento della maggioranza del pacchetto azionario (51,3%). Nel decreto firmato dall’allora ministro Maria Elena Boschi e bollinato dalla Corte dei Conti, si citava la «fondamentale valenza della centrale in ambito sanitario e di controllo degli alimenti, in linea con il perseguimento delle finalità istituzionali della stessa amministrazione pubblica».

Pochi giorni fa si è fatto sentire anche il vicesindaco di Alessandria, Davide Buzzi Langhi che, riferendosi alla Centrale del Latte di Alessandria e Asti, di cui il Comune di Alessandria detiene la quota predominante, 40,1%, ha promesso che avrebbe fatto di tutto per evitare di cedere il pacchetto, ritenuto strategico e di garanzia. Appello raccolto dall’alessandrino Molinari, che nella città piemontese ha anche il proprio collegio elettorale.

Un caso a parte è invece quello della Centrale del Latte di Roma, impigliata in un contenzioso che si trascina da anni sulla titolarità del 75% del pacchetto azionario che, in forza di pronunce giurisdizionali (Tar del Lazio nel 2007, Consiglio di Stato nel 2012 e Tribunale civile di Roma nel 2013) è stato riassegnato al Campidoglio (il Comune di Roma detiene anche il 6,72% della Centrale). Parmalat si è sempre rifiutata di restituire la quota alla giunta capitolina. La causa pende ora davanti alla Corte di Appello. L’udienza fissata a maggio è stata rimandata all’inizio del prossimo anno, in virtù della possibilità di pervenire a un componimento bonario. Ma per ora non è stato fatto ancora alcun passo in avanti.

Tra i 25 e i 34 milioni la valutazione effettuata nel 2013 dalla Ernst & Young sul maxi-pacchetto, superata di qualche migliaio di euro (dovuta a tre ulteriori esercizi in utile) da una seconda perizia del 2016, anno in cui la Centrale del Latte ha conseguito un utile netto di € 5,1 milioni, con ricavi per € 115,2 milioni.

 

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