Potenziare l’export agroalimentare, avviando nuovi negoziati, perché ci sono barriere non tariffarie legate a una serie di norme fitosanitarie che ci impediscono di esportare prelibatezze in Cina. È l’obiettivo annunciato dal vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio, nella prima giornata della sua missione in Cina.

È una bilancia commerciale storicamente in disavanzo, con l’import nettamente superiore all’export, quella delineata dai dati Istat sull’interscambio agroalimentare Italia-Cina. La fotografia dell’Istituto di statistica sul primo semestre di quest’anno, vede l’export a quota 201,9 milioni, mentre le importazioni registrano una performance di 310,47 milioni. Stessa proporzione nel primo semestre 2017, quando le importazioni hanno toccato quota 321,5 milioni, con un “saldo” di 114 milioni rispetto alle esportazioni, ferme a quota 207 milioni. Sull’intero 2016, i dati Istat registrano invece un saldo di 247,3 milioni: da una parte l’import – che ha superato di poco i 637 milioni – dall’altra i 389,8 milioni dell’export.

I must italiani in Cina

Oltre un terzo delle esportazioni italiane in Cina è costituito da bevande alcoliche e non alcoliche, prevalentemente vino, la cui quota di mercato lo scorso anno è stata del 44%, con un valore di 120 milioni. Altri prodotti di punta sono il cacao e relative preparazioni (prevalentemente cioccolatini, anche ripieni, ma non contenenti alcol), grassi, olii animali e vegetali. L’olio di oliva, in particolare, lo scorso anno ha messo a segno una crescita del 41%, con oltre € 40 milioni.

Ancora limitata la leadership dei formaggi (17 milioni), a causa dei super-dazi ridotti nell’ultimo trimestre dello scorso anno su Parmigiano Reggiano, Grana, formaggi stagionati, Gorgonzola, formaggio grattugiato e fuso.

I dazi sono stati ridotti anche su acquaviti di vino; vermouth; salsicce/salami e pasta, il cui appeal rimane comunque confinato in un valore che si aggira intorno ai 23 milioni. Sempre nel 2017 il gigante asiatico ha rimosso il bando sulla carne bovina tricolore ed aperto il mercato anche a limoni, arance e mandarini italiani.

L’obiettivo di Di Maio, ora, è avviare nuovi negoziati perché ci sono barriere non tariffarie legate a una serie di norme fitosanitarie che ci impediscono di esportare le prelibatezze in Cina. «Abbiamo aziende che sono le migliori del mondo e questa è una prima missione a tutto tondo sui tanti dossier italiani e cinesi».

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