Tanta buona volontà ma, per ora, pochi risultati. È stato interlocutorio l’incontro tra la Commissaria Europea al Commercio Cecilia Malstroem e il Rappresentante americano Roberto Lighthizer, per cercare di chiudere entro l’anno la guerra commerciale lanciata dall’Amministrazione americana.
Malmstroem ha indicato via Twitter che è stato discusso «del modo in cui procedere e identificare le priorità delle due parti e come raggiungere risultati concreti nelle prossime settimane». La Commissaria al Commercio, che agisce su mandato degli Stati Membri, ha aggiunto che «resta molto lavoro da fare in autunno» e che gli esperti europei e americani «saranno in stretto contatto nelle prossime settimane». Per fine mese è stato concordato che i due rappresentanti della UE e del governo americano si incontreranno di nuovo. A ottobre sarà ancora la volta degli incontri tecnici.
Fonti europee spiegano però che il perimetro delle discussioni non è ancora chiaro: Bruxelles non vuole far rientrare nel negoziato il settore agricolo mentre avrebbe confermato la volontà di discutere del settore automobilistico.
Un’intesa sembra dunque alquanto lontana, visti i tempi indicati dalla Commissaria Malmstroem.
Tra l’altro non è chiaro se l’intenzione di Trump sia trovare un’intesa prima del voto ‘midterm’ a novembre o dopo. A luglio Trump e Juncker si erano dichiarati d’accordo a lavorare per eliminare i diritti doganali sui prodotti industriali a eccezione delle auto.
Ciò non vuol dire che di auto non si parli, ma la linea della UE è sempre stata questa: se gli USA vogliono discutere di automobili allora è necessario discutere anche di temi considerati dalla UE molto importanti come l’apertura del mercato degli appalti pubblici americani alle imprese europee.
Il problema è che nella UE c’è opposizione a una trattativa ampia, che ricalchi i mega accordi commerciali classici sulla scia del TTIP nel cassetto ormai da tempo immemorabile. La Francia è il maggiore oppositore all’ipotesi di allargare il perimetro delle trattative al settore agricolo.
Nel corso dell’incontro è stato fatto il punto anche sul dossier relativo alle esportazioni USA di carni bovine non trattate con gli ormoni destinate al mercato europeo.
Nei giorni scorsi, la Commissione UE ha chiesto al Consiglio un mandato per rivedere il funzionamento del contingente esistente, pari a 45 mila tonnellate l’anno, di cui però si sono avvantaggiati finora altri Paesi esportatori. Il problema posto dagli USA a Bruxelles non è nuovo. Già nel 2016, l’amministrazione di Washington ha chiesto la revisione del sistema in vigore, varato nel 2009 per mettere fine alla disputa presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) sull’uso – vietato nella UE – di determinati ormoni che favoriscono la crescita della produzione di carne bovina. Il Commissario all’Agricoltura, Phil Hogan, ha voluto rassicurare gli allevatori europei sul fatto che «il contingente già esistente rimarrà esattamente allo stesso livello». Non ci saranno, in pratica, aumenti. Cambieranno solo le modalità di ripartizione, al fine di assegnare in modo specifico agli Stati Uniti una parte del quantitativo, che è attualmente disponibile anche per altri Paesi esportatori di carni bovine verso la Ue. E con i quali si dovranno fare i conti.
Nel progetto di raccomandazione inviato al Consiglio, la Commissione ha già messo in evidenza che alcuni operatori di Argentina e Nuova Zelanda hanno formalizzato a Bruxelles la richiesta di consultazioni. Mentre i governi di Australia e Uruguay hanno sollecitato la partecipazione al negoziato in linea con le regole del WTO.
Nelle prossime settimane saranno anche aggiornati i dati relativi all’andamento delle esportazioni di soia americana sul mercato della UE. A luglio, con una certa enfasi dopo l’incontro alla Casa Bianca tra i presidenti Trump e Juncker, la Commissione ha annunciato un aumento record del 283% nei primi cinque mesi della campagna in corso sullo stesso periodo del 2017. In effetti, il balzo in avanti non ha niente a che vedere con i colloqui in corso. Il prezzo della soia raccolta negli Stati Uniti è diminuito, diventando così più conveniente per gli operatori europei, a seguito dei dazi aggiuntivi imposti dalla Cina nel contesto della guerra commerciale in corso con gli USA.