Disco verde del Ministero delle Politiche Agricole all’istituzione di una Pest free area sul territorio risicolo nazionale per il parassita delle derrate “Trogoderma granarium”.

Lo rende noto l’Ente Risi, spiegando che con la firma del Decreto Ministeriale, molto atteso dall’industria risicola nazionale, il territorio italiano è ufficialmente riconosciuto come area indenne da Trogoderma, coleottero che colpisce principalmente cereali e prodotti derivati.

L’attestazione, adottata nell’ambito dell’IPPC, la Convenzione Internazionale per la Protezione dei Vegetali, coordinata dalla FAO, abbatte l’ultima barriera che ostacolava le esportazioni di riso Made in Italy verso la Cina, dove l’industria punta adesso a esportare le tradizionali varietà da risotto, di cui la risicoltura italiana vanta un riconoscimento internazionale, in una fase congiunturale peraltro piuttosto complessa sul mercato interno.

L’intenzione, spiega AIRI, l’Associazione delle Industrie Risiere, è intercettare, con le varietà più pregiate, un bacino di 80 milioni di consumatori cinesi appartenenti all’upper middle class. Una grossa opportunità di business per l’intera filiera, che sconta ormai da tempo gli effetti destabilizzanti delle importazioni UE a dazio zero dai Paesi meno avanzati.

Questo risultato – scrive l’Ente Risi – permette finalmente di aprire al riso nazionale il mercato cinese che negli anni scorsi aveva posto la costituzione di una Pest free area per il Trogoderma granarium come requisito fondamentale nelle trattative commerciali con gli operatori italiani.

Caduta la Grande Muraglia, dopo una lunga e complessa procedura, l’industria risiera guarda adesso all’altro grande mercato, quello indiano, dove le dimensioni demografiche determinano, al pari della Cina, grandi potenziali di crescita. Sui risi italiani New Delhi applica però pesanti dazi doganali, nonostante l’intenzione della Commissione Europea di aumentare i contingenti di importazione a dazio zero di riso Basmati sia dall’India che dal Pakistan. Decisione che metterebbe in ginocchio la produzione italiana di risi Indica, lamentano i produttori, già soggetti al pressing di Cambogia e Myanmar.

L’Ente Risi ha aggiornato nel frattempo, sulla base delle denunce di semina al 27 agosto, anche le stime sulle superfici investite in Italia nel 2018, in calo del 4,5% a 219.300 ettari. Recuperano un 13% abbondante i Lunghi b (Indica), mentre arretrano di circa 7 punti percentuali i risi Japonica (Lunghi a) destinati prevalentemente al mercato interno, quelli che quest’anno hanno maggiormente accusato gli effetti di un surplus d’offerta.

Tornando alla Cina, la liberalizzazione degli scambi di riso, adesso che le condizioni poste da Pechino sono tutte soddisfatte, potrà completarsi con la firma di un accordo bilaterale. Il Dragone oltre ad essere il primo produttore mondiale di riso è anche il principale importatore (davanti a Nigeria e Unione Europea), con volumi che nel recente passato hanno sfiorato i 6 milioni di tonnellate.

Nell’annata 2018-19, secondo il Dipartimento dell’Agricoltura Americano, le importazioni cinesi di riso si attesteranno sui 5 milioni e mezzo di tonnellate, in previsione di un consumo record di 144 milioni. I maggiori fornitori sono Vietnam e Tailandia, seguiti, con numeri però largamente inferiori, da Cambogia, Pakistan, Laos e Myanmar.

 

 

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