Avanti adagio nel 2017 per la produzione europea di mangimi composti. Nell’UE si è arrivati l’anno scorso a quota 159 milioni di tonnellate, l’1,5% in più di quanto realizzato nel 2016. Un risultato che, seppure più attenuato rispetto alla dinamica mondiale (+3,5%), sostenuta soprattutto dall’impulso dei Paesi asiatici, rappresenta un altro segnale positivo per l’industria mangimistica europea, in un contesto di crescita piatta per il comparto zootecnico, alle prese con diversi problemi di ordine sanitario.

I dati pubblicati nel Rapporto Annuale del FEFAC, la Federazione Europea del settore (membro per l’Italia è Assalzoo), confermano il tracciato ascendente in atto da un triennio, evidenziando una crescita particolarmente significativa nel comparto bovino, con un 3,6% di progressione su dodici mesi.

Il segno più – spiega il FEFAC – ha caratterizzato anche la produzione di mangimi destinati ad avicoli e suini, con incrementi rispettivamente dell’1,4% e dell’1% sul 2016.

Come accennato, le emergenze sanitarie hanno tuttavia limitato, in rapporto ai potenziali, l’attività dell’industria mangimistica europea, con l’influenza aviaria che ha impattato negativamente soprattutto in Francia e Ungheria. La peste suina, i cui effetti sono stati più evidenti negli allevamenti dell’Est Europa, spiega il tracciato quasi piatto dell’output di mangimi industriali destinati agli allevamenti suini che rappresentano una quota del mercato europeo del 31,9%, inferiore solo a quella degli avicoli, al 34,6% di share.

I numeri illustrati nel rapporto, distinti per categorie, attribuiscono al comparto bovino un altro 28,1% di quota-output di mangimi composti, con l’incidenza residua (oltre il 5%) riconducibile ai restanti settori.

La geografia dei dati conferma la leadership dell’industria tedesca, con poco più di 24 milioni di tonnellate realizzati negli ultimi dodici mesi. Seguono, con volumi altrettanto significativi, Spagna e Francia, con il paese d’Oltralpe che mantiene la posizione di testa per la produzione di mangimi destinati agli avicoli e la Germania leader nel comparto bovino e suino.

L’Italia, con 13,7 milioni di tonnellate è sesta nel ranking dei produttori europei, preceduta anche da Regno Unito e Paesi Bassi.

Da rilevare che nel contesto globale l’UE è in terza posizione, preceduta solo dalla Cina, primo produttore, e dagli Stati Uniti, che occupano stabilmente il secondo gradino del podio.

I Ventotto rappresentano in quota il 15% dell’output mondiale, stimato nei dintorni di un miliardo e 53 milioni di tonnellate.

Nel mix dei mangimi composti la componente cerealicola resta quella prevalente in Europa, spiega il rapporto. Le farine proteiche, ottenute da oleaginose, assumono un ruolo secondario, in linea con un trend di lungo periodo iniziato nei primi anni Novanta dopo la riforma Mac Sharry. Da quella data ad oggi l’incidenza dei prodotti cerealicoli nella composizione dei mangimi industriali è passata dal 32% al 50%, riferisce il FEFAC.

Di pari passo la tapioca, uno dei principali sostituti dei cereali fino agli anni Ottanta, è del tutto scomparsa dal mix. Le proteine animali, che costituivano un 2% degli ingredienti di base, dopo i divieti dell’UE seguiti all’emergenza di “mucca pazza”, sono state principalmente sostituite con farine di soia, per lo più di importazione. Anche se l’apporto proteico è oggi principalmente fornito dai cereali, la cui produzione nell’UE è destinata per oltre il 60% all’alimentazione animale e per il 23% a quella umana. La quota restante (17%) è ripartita tra impieghi sementieri, produzione di biocarburanti e altri usi.

La sezione statistica del rapporto traccia anche un bilancio sul settore della zootecnia da carne nell’Unione Europea, segnalando nel 2017 uno 0,8% di riduzione nel comparto suino controbilanciato da un’analoga variazione, ma di segno positivo nel settore avicolo. A lasciare invariato l’output di carni per il secondo anno di fila hanno concorso, con una crescita frazionale di 3 decimi di punto, anche le carni bovine.

Quanto ai consumi, stazionari nel 2017, dopo due anni di crescita che hanno interrotto il trend negativo iniziato a metà degli anni Duemila, i dati confermano nell’UE il primato delle carni suine, seppure il marginale flessione, con quasi il 45% di quota, seguite da pollame (29,4%) e bovino (16,7%).

Confermata l’autosufficienza dell’UE nella produzione zootecnica – che muove un giro d’affari alla prima fase di scambio di € 176 miliardi, il 41% della PLV agricola dei Ventotto – grazie a tassi di copertura dei consumi interni superiori al 100% per tutte le tipologie di carni, le uova e i principali derivati del latte.

 

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