C’è anche una filiera del pomodoro “solidale” con piccoli campi coltivati da un pugno di soci lavoratori, migranti di colore ed italiani, contrattualizzati, con prodotto raccolto secondo le regole e trasformato per essere venduto ai gruppi di acquisto solidale (GAS), nei mercatini rionali, a ristoranti che usano prodotti bio, a botteghe alimentari. Insomma, una salsa “legale” poiché ottenuta contro ogni forma di sfruttamento. Accade tra Bari e Nardò, nel Salento, dove dal 2014 un piccolo gruppo di volontari ha dato vita alla filiera “Sfrutta Zero”, parte di “Salento Km0”, una rete tutta locale di agricoltura naturale, e di “Fuori Mercato”, un network nazionale che ha come obiettivo quello di rappresentare un’alternativa alla grande distribuzione.

“Sfrutta Zero” è costituita da due associazioni di promozione sociale – Diritti al Sud di Nardò e Solidaria di Bari – dove è stato rotto lo schema classico: gli italiani che fanno gli imprenditori, in questo caso ortofrutticoli, e i migranti che sono solo lavoratori. Così dal lavoro di tutti, quasi 40 persone, sono stati prodotti, anche quest’anno, quasi 300 quintali di pomodoro nei fondi coltivati tra Bari e Nardò, trasformati in salsa confezionata in oltre 20.000 vasetti da 500 e 720 ml. E sui vasetti l’etichetta riporta la foto ed il nome del contadino “libero” che ha partecipato alla produzione e la scritta “0% sfruttamento”.

Tutta salsa “solidale” dunque, cioè ottenuta da un concetto di mutualismo, non di assistenzialismo unilaterale, che, al pari degli altri prodotti ortofrutticoli distribuiti da Sfrutta Zero, è stato materializzato, tra il 2014 ed il 2015, grazie ai quasi € 7000 raccolti con un’azione di crowdfunding. Tutto quindi parte dall’idea che c’è un altro modo di produrre – idea per certi versi romantica, visti i numeri – ma che conferma che a Bari, nel Salento, a Foggia, nel Sud «è possibile creare – come dice Gianni De Giglio, socio e lavoratore di Solidaria, 40 anni, laurea in economia e commercio, nonno contadino –una filiera alternativa animata da soci sia lavoratori che produttori che trasformano prodotti della terra senza prevaricare gli altri uomini».

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