Il timore dei dazi. Scannavini (ICE): in caso di forti tensioni commerciali impensabile sostituire il Nord America con il Far East.
Non ci ferma nessuno, per ora. Non i negoziati sulla Brexit (anzi, Oltremare ci comprano di più), né i dazi (sinora più annunciati che varati).
Il 2017 è stato un anno record per il commercio estero italiano, con esportazioni nel settore manifatturiero, in crescita del 7,4% e un valore che sfiora i 450 miliardi. Nella classifica mondiale dei Paesi che esportano di più (ovvero: 1. Cina; 2. USA e 3. Germania), siamo al 9° posto. Ma dopo Corea del Sud (+15,8%) e Paesi Bassi 8+14,1%), siamo quelli che cresciamo di più (+9,6%).
Sul podio delle performance settoriali restano la meccanica (che nel 2017 ha superato il traguardo di 80 miliardi di export), i mezzi di trasporto (oltre 37,5 miliardi) e l’alimentare (40 miliardi).
Mentre il balzo di crescita più consistente lo registrano: la farmaceutica (+16%), seguita dalla metallurgia (+9,9%) e i prodotti chimici (+9%). Tutti comparti, questi ultimi, dove i livelli di innovazione, ricerca e capacità brevettuale sono oltre la media.
Più contenuta invece la crescita del sistema moda (articoli di abbigliamento +4,7%; articoli in pelle +5,9%).
Ma quali sono i nostri principali partners di destinazione?
La crescita delle esportazioni italiane è stata particolarmente sostenuta nei mercati extra-UE. I balzi più robusti, in Cina (22%), Brasile (19%), Russia (19%), Sud Africa (16%) e Stati Uniti (10%).
Tuttavia, i fatturati si fanno ancora in: Germania (56 miliardi) e Francia (46 miliardi). Gli USA sono al terzo posto con 40 miliardi. Mentre la Cina, nonostante la crescita dirompente, resta a 13.5 miliardi.
Insomma, vendiamo ancora di più in Belgio e Cina.
A fronte di questi numeri è chiaro, ha spiegato il Presidente dell’ICE, Michele Scannavini- che, “in caso di forti tensioni commerciali tra UE e USA, pensare di sostituire in Nord America con il Far East non è pensabile. Per il “Made in Italy”, oggi gli USA non sono un mercato che possiamo perdere”.
Inoltre, Scannavini-presente anche il nuovo sottosegretario allo Sviluppo economico con delega al commercio estero, Michele Geraci-ha lanciato un appello affinché il Piano straordinario del Governo per la promozione del Made in Italy “diventi strutturale. Perché si tratta di una dinamica di competitività per il nostro Paese”.
Soprattutto, i nostri principali competitors, Germania e Francia, spendono il doppio di noi. Una continuità sul Piano per il Made in Italy auspicata anche dalla vicepresidente di Confindustria con delega all’internazionalizzazione, Licia Mattioli: “Le imprese, in particolare quelle 200 mila che hanno aumentato il valore delle esportazioni del 6% nel 2017, ci chiedono continuità. Ora occorre che i fondi stanziati per la programmazione straordinaria confluiscano nella pianificazione ordinaria del Governo”.
Se infatti cresce il valore medio esportato, le imprese esportatrici crescono ancora troppo lentamente (+0,8%). Cioè, sul totale, troppe imprese ancora non riescono a fare il “salto di qualità” verso l’estero.
Intanto, nella giornata del 12 luglio 2018, è stato ufficializzato anche il Protocollo d’Intesa tra ICE e Borsa Italiana, come ha spiegato l’Amministratore Delegato di quest’ultima, Raffaele Jerusalmi. In pratica, alle aziende che partecipano al programma Elite– l’iter di preparazione alla quotazione- si apre un accesso privilegiato anche ai servizi di internazionalizzazione dell’ICE.
Infine, non poteva non esserci un ritorno sul tema dei dazi.
“La politica protezionistica- ha spiegato il sottosegretario allo Sviluppo economico, Michele Geraci- non è mai per definizione eterna. Non è mai per sempre, non è mai contro tutti i Paesi né su tutte le tipologie di prodotti. È sempre selettiva. I dazi possono essere un’arma tattica nel breve, come leva negoziale o anche, in alcuni casi estremi, per proteggere certi settori industriali con i costi per la comunità che sappiamo ci sono”.