Si intensifica la “guerra commerciale” tra USA e Cina. Dal 23 agosto, gli Stati Uniti applicano dazi aggiuntivi in misura del 25% su una lista che include 279 prodotti importati dalla Cina, per un controvalore complessivo di $16 miliardi.

Pronta, e praticamente scontata, la replica del governo di Pechino: abbiamo stabilito di agire in modo speculare, con l’imposizione di analoghe tariffe sul medesimo ammontare di merci in arrivo dagli Stati Uniti.

Sotto il profilo procedurale, la decisione presa a Washington non è una novità in assoluto. Si tratta, infatti, della seconda parte delle misure entrate in vigore lo scorso 6 luglio per un ammontare di $ 34 miliardi.

Il braccio di ferro – dunque – continua, anche se è circolata la notizia relativa alla ripresa del dialogo, interrotto da oltre due mesi, tra i rappresentanti dei due governi.

Al momento, però, resta il fatto che le tensioni tra Stati Uniti e Cina potrebbero far registrare un ulteriore peggioramento nel giro di poche settimane, anche per quanto riguarda i flussi commerciali di prodotti agroalimentari.

Negli USA, infatti, è in corso una procedura per aumentare dal 10% al 25% i dazi aggiuntivi sull’import dalla Cina per un controvalore di $ 200 miliardi. Una cifra, è il caso di sottolinearlo, che corrisponde al 40% del totale delle importazioni annuali.

La decisione finale sull’inasprimento dei dazi dovrebbe essere formalizzata il 5 settembre.

Se le tariffe saranno effettivamente aumentate, ha replicato il governo cinese, scatteranno in modo automatico contromisure sotto forma di dazi variabile tra il 5% e il 25% su una lista di prodotti importati dagli USA per un valore totale di $ 60 miliardi.

Nella lista in via di preparazione sono inclusi olio di soia, olio e amido di mais, carni bovine, pollame e farina di grano.

Intanto, si stilano i bilanci preliminari sull’impatto dei dazi aggiuntivi e delle contromisure cosiddette, in gergo diplomatico, di bilanciamento.

Negli Stati Uniti, il conto più salato potrebbe essere pagato dai produttori di soia. Globalmente, il loro reddito annuale potrebbe ridursi di $ 3 miliardi, stando alle conclusioni di uno studio curato dalla Perdue University. E se le tariffe cinesi resteranno in vigore a lungo, gli Stati Uniti potrebbero anche perdere in via definitiva un mercato di sbocco, quello cinese, che ha assorbito il 40% dell’export totale di soia che ha superato alla fine dell’anno passato i $ 21 miliardi.

In Cina, il prezzo della soia ha sfiorato i $ 400 a tonnellata all’inizio di agosto, con un aumento di circa il 7% sulle quotazioni registrate a giugno, prima dell’entrata in vigore dei dazi sulle importazioni dagli USA.

Fonti governative hanno fatto sapere che è stato avviato un programma che punta a far salire di 2 milioni di tonnellate la produzione interna di soia. Inoltre, si punta a utilizzare i semi di cotone al posto della soia nella preparazione dei mangimi.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *