Nella guerra commerciale globale scatenata dagli Stati Uniti ma che affonda le radici nella fine del multilateralismo sostituito progressivamente da accordi bilaterali non sempre dalle basi solide, l’Unione Europea si trova suo malgrado a giocare in difesa.

Proteggere l’agricoltura, settore sensibile per eccellenza nei negoziati commerciali, è sempre più difficile. Non solo per le crescenti divisioni e le diverse sensibilità all’interno della stessa UE, ma anche perché Bruxelles deve fare i conti con partner sempre più aggressivi e poco disposti a tenere fuori le commodity agricole dai Trattati commerciali.

Ora l’Europa deve difendersi dal nuovo pressing degli Stati Uniti, che la visita di fine luglio di Juncker in America, a quanto pare, è riuscita solo a rinviare di qualche settimana. Mentre sullo sfondo si agita lo spettro di una possibile imminente chiusura dell’intesa col Mercosur che metterebbe a dura prova settori chiave come zootecnia e zucchero, già duramente ridimensionati rispettivamente da una crisi di mercato senza precedenti e da una riforma-harakiri della stessa UE, che ha rinunciato di fatto a gran parte dei propri zuccherifici in nome di una malintesa liberalizzazione a favore dei Paesi meno sviluppati.

Ora, l’ultima novità in ordine di tempo è il nuovo affondo USA che colpisce direttamente i mercati agricoli europei. Non sono bastate infatti le concessioni promesse dal presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker al presidente USA Donald Trump sull’impegno UE a importare più soia dagli USA e concedere a Washington una quota dedicata nell’ambito del contingente all’import di carni.

«Comprendiamo che ci sono molte sensibilità relative al commercio di prodotti agroalimentari, ma nei negoziati in corso con l’Unione Europea l’agricoltura rientra tra le priorità dell’amministrazione guidata dal presidente Trump». Lo ha dichiarato nei giorni scorsi l’ambasciatore Gregory Doud, capo negoziatore per l’Agricoltura all’Ufficio del Rappresentante Commerciale USA, nel corso di una audizione di fronte alla Commissione Agricoltura del Senato. L’ambasciatore ha fatto un esplicito riferimento all’incontro alla Casa Bianca, lo scorso mese di luglio, tra i presidenti Trump e Juncker. «Negli scambi di prodotti agroalimentari con la UE – ha aggiunto Doud – registriamo un disavanzo annuale di oltre $ 15 miliardi, che sta ad indicare la portata dei problemi da risolvere in materia di accesso al mercato dell’Unione e barriere non tariffarie che ostacolano le produzioni degli Stati Uniti».

Secondo fonti dell’amministrazione USA, gli impegni assunti da Juncker sull’aumento delle importazioni di soia e carni bovine sono importanti, ma non sufficienti. L’audizione di fronte alla Commissione Agricoltura del Senato USA è stata organizzata, per fare il punto sulla politica commerciale riguardante il settore agricolo.

L’ambasciatore Doud ha indicato, prima di tutto, che «sono allo studio» dazi aggiuntivi sulle importazioni dalla Cina per un controvalore di $ 200 miliardi; mentre prosegue il dialogo con le autorità di Tokyo per espandere l’accesso sul mercato giapponese, dove «siamo determinati a mettere i nostri produttori in condizioni di parità con altri Paesi, come l’Australia, il Canada e l’Unione Europea».

Per quanto riguarda, il negoziato con il Canada ha confermato che l’esito della trattativa, giunta alle battute finali, dipende da una maggiore apertura del mercato canadese alle importazioni dagli USA di prodotti lattiero-caseari, pollame, cereali, uova e vini.

L’ambasciatore ha poi lanciato una forte accusa nei confronti dell’India per il sostegno interno assegnato a riso e grano. «Ogni Paese produttore di grano e riso in tutto il mondo – ha puntualizzato l’ambasciatore – dovrebbe essere preoccupato per gli effetti negativi provocati dai sostegni indiani al commercio internazionale. Da parte nostra, abbiano presentato una notifica all’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), per mettere fine alla distorsione».

Un’altra disputa in seno alla WTO è stata promossa contro la Cina per le politiche – ritenute dall’amministrazione USA contrarie alle regole multilaterali – di sostegno interno alla produzione di riso, grano e mais e gestione delle quote tariffarie. Secondo i dati diffusi dall’Ufficio del Rappresentante commerciale, gli aiuti alla produzione erogati dal governo di Pechino superano di $ 100 miliardi i limiti fissati dal WTO.

«Lo scorso anno – ha cosi concluso l’ambasciatore Doud – il valore dell’export agroalimentare USA è ammontato a $ 143 miliardi. Per aumentare la presenza sui mercati internazionali, si sta valutando l’ipotesi di avviare negoziati per concludere nuovi accordi di libero scambio con potenziali partner nel Sud Est asiatico e in Africa».

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