Si è conclusa negli USA la procedura per il varo di un inasprimento dei dazi aggiuntivi già in essere sulle importazioni dalla Cina. I dazi potrebbero salire dal 10% al 25 % su una lista di prodotti per un controvalore complessivo di $200 miliardi. Vale a dire, circa il 40% delle esportazioni cinesi sul mercato americano.

Se verrà dato seguito all’inasprimento tariffario annunciato, ha già fatto sapere il governo di Pechino, scatteranno immediatamente contromisure sotto forma di dazi variabili dal 5% fino al 25% su una serie di merci in arrivo dagli USA per un ammontare di $ 60 miliardi.

Nella lista potrebbero essere incluse le importazioni di olio di soia, olio di mais, carni bovine, pollame, farina di grano e amido di mais. Sono destinate, dunque, a salire le tensioni commerciali tra USA e Cina, con importanti ripercussioni sui mercati internazionali delle commodities. Ma i tempi e le modalità potrebbero differire rispetto agli annunci dell’amministrazione di Washington. Per due motivi.

In primo luogo, si intende verificare, dopo l’intesa preliminare già siglata con il Messico, l’esito delle discussioni in corso con il Canada, per rinnovare il NAFTA, l’Accordo nord-americano di libero scambio.

Il secondo motivo che potrebbe determinare il rinvio, o un alleggerimento dell’ulteriore manovra tariffaria sui prodotti cinesi, è rappresentato dai rilievi pubblicamente formulati da importanti gruppi industriali americani sull’aumento dei costi di produzione, con la conseguente perdita di competitività sui mercati mondiali.

Per quanto riguarda le trattative in corso con il Canada, fonti dell’amministrazione americana hanno fatto sapere che dovranno, al più tardi, concludersi all’inizio della prossima settimana. Il presidente Trump, è stato sottolineato, intende inviare al Congresso il testo del “nuovo Nafta” entro il prossimo 1 ottobre. Se risulterà impossibile l’intesa con il Canada, sul piano procedurale, si procederà solo alla ratifica dell’accordo bilaterale con il Messico.

Tra i punti più controversi che restano da risolvere, c’è il sistema di gestione del mercato lattiero-caseario canadese che prevede il controllo della produzione interna, e la fissazione di quote all’importazione su cui gravano tariffe che possono arrivare anche al 300%.  Intanto, le associazioni degli agricoltori americani hanno stilato un primo bilancio sugli effetti della “guerra commerciale” con la Cina.

Per le carni suine, stando ai dati diffusi nei giorni scorsi dal “Farm Bureau Federation” una delle più influenti organizzazioni professionali, non si è verificato il crollo atteso delle esportazioni totali. L’export di settore verso la Cina è diminuito di circa la metà nei primi sette mesi di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2017. E le prime informazioni disponibili indicano che il crollo è proseguito anche in agosto. Tuttavia, si è registrato un forte aumento delle esportazioni di carni suine verso la Corea del Sud e i Paesi dell’America centrale con percentuali comprese tra il 20% e il 40%.

Alla luce di tali andamenti, si prevede che l’export complessivo sarà quest’anno superiore di circa 22 mila tonnellate ai livelli conseguiti nel 2017. In valore, le esportazioni Usa di prodotti del settore suinicolo si attestarono alla fine dell’anno passato a $4,6 miliardi. Le vendite sul mercato cinese hanno inciso per $ 237 milioni.

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