Una resa maggiore in termini di energia prodotta rispetto agli impianti tradizionali, elevata efficienza, possibilità di utilizzare una varietà più ampia di materie prime e maggiore facilità ad integrarsi con la nuova frontiera energetica rappresentata dal Biometano.

Sono i punti di forza della nuova tecnologia “bi-stadio” applicata alla produzione di biogas: un sistema innovativo che ha avuto in Italia il suo debutto a livello europeo, con l’apertura di una centrale in Emilia Romagna.

Il primo impianto di biogas di “nuova generazione” in Europa è stato realizzato a Soliera, in provincia di Modena, dall’azienda Biogas Italia, licenziataria del brevetto relativo al procedimento di digestione bi-stadio, depositato da Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, e da Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria. Il progetto, cofinanziato da Invitalia, coinvolge l’azienda agricola Lugli per l’utilizzo del terreno e lo sfruttamento delle materie prime per alimentare l’impianto.

Con la tecnologia bi-stadio, in particolare, il processo per la produzione di biogas separa le fasi biologiche della digestione anaerobica e permette una più veloce degradazione della biomassa. In termini tecnici, «le prime fasi del processo (idrolisi e acidogenesi) vengono separate dalle restanti (acetogenesi e metanogenesi) in reattori distinti, dove agiscono ceppi batterici che operano in modo ottimale con tempi e valori di pH diversi», spiega Vito Pignatelli, responsabile del laboratorio Biomasse e Biotecnologie per l’Energia dell’Enea.

Il risultato è una resa energetica sensibilmente più elevata – di circa il 20% (un quinto in più) – rispetto agli impianti di biogas tradizionali. Ma non solo: in virtù dei tempi più rapidi di digestione della biomassa, la tecnologia bi-stadio consente di realizzare centrali a biogas più piccole ed economiche rispetto a quelle tradizionali, in quanto impiega fino al 15% in meno di materia prima, a parità di energia prodotta.

Inoltre, biomasse a elevato contenuto di zucchero – quali siero di latte, scotta, sansa di olive, pastazzo di agrumi – possono essere usate senza i problemi di stabilità biologica solitamente riscontrati nei sistemi tradizionali, facendole rientrare in un ciclo virtuoso di riutilizzo.

«Dimensioni, efficienza e costi ridotti – sintetizza Pignatelli – sono i tre elementi con i quali questa nuova tecnologia potrà contribuire all’ulteriore diffusione in Italia del biogas, una risorsa fondamentale per il processo di de-carbonizzazione del sistema energetico nazionale».

Altro fattore importante per la tecnologia bi-stadio, infine, è la possibilità di integrarsi al meglio con la produzione di Biometano, nuova frontiera delle agroenergie anche grazie al sistema di incentivi appena partito. L’efficienza dell’innovativo sistema a doppio processo per il biogas, infatti, si lega ad una elevata produzione di metano e di idrogeno. Proprio l’idrogeno può essere utilizzato nelle celle a combustibile, commercializzato come gas tecnico oppure usato per incrementare il tenore in metano del biogas, facilitandone il successivo upgrading a biometano.

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