Il mondo nazionale e internazionale della ricerca sul frumento duro e quello della filiera italiana della pasta, compresi i cerealicoltori italiani ed esteri, i produttori di tecnologie ad hoc per i pastifici, l’industria sementiera e i rappresentanti di quella molitoria, s’incontrano a Bologna per il congresso “From seed to pasta”, una maratona di tre giorni al Centro Congressi della Regione Emilia Romagna dal 19 al 21 settembre, con apertura dei lavori di Paolo De Castro, vice-presidente della Commissione Agricoltura UE e introduzione dell’assessore regionale all’Agricoltura Simona Caselli e di Roberto Tuberosa, dell’Università di Bologna.

L’obiettivo del simposio è innanzitutto quello di fare il punto sulle principali novità e problematiche sul tappeto per quel che riguarda la produzione pastaria. L’Italia, infatti, è il maggior produttore e consumatore mondiale, con un volume d’affari del comparto che si aggira sui € 4 miliardi– di cui il 44 % realizzato attraverso vendite all’estero – e 25 chilogrammi annui di consumi pro-capite, circa il doppio di quelli dei Paesi che la seguono a ruota, in classifica, ossia Venezuela, Turchia, Grecia e Svizzera (dati AIDEPI).

Se il mercato nazionale si contraddistingue per un elevato livello di concorrenza tra i molti marchi, sia di grandi pastifici industriali, sia di pastifici artigianali, i mercati esteri, come già si è prospettato da qualche decennio, offrono spazi molto interessanti e ancora ampiamente da valicare per offrire uno dei prodotti, la pasta, che svettano nel paniere alimentare per le caratteristiche nutritive e la duttilità gastronomica.

Uno dei temi di maggior impatto, che sarà approfondito nel convegno, è quello delle caratteristiche della materia prima, il frumento duro, dato che la struttura del suo genoma, insieme alle tecniche di pastificazione, è fondamentale per garantire una qualità del prodotto che risponda ai più adatti requisiti nutrizionali per l’organismo.

Com’è noto, infatti, ricerche scientifiche italiane hanno messo in luce come i frumenti duri abbiano manifestato, a causa di varie modificazioni genetiche indotte, variazioni nel loro genoma originario, che ne altera la struttura primigenia, presente nelle varietà antiche. Da qui, non solo la riscoperta, nella produzione, di cultivar dimenticate, come il senatore Cappelli, ma anche di varietà più antiche.

Un’altra questione di importanza fondamentale è quella relativa al dibattito tra grani italiani e grani esteri, spesso ridotta a luogo comune. Al di là di posizioni preconcette, come in più sedi sottolineato, il primo criterio di riferimento per la valutazione organolettica è la qualità del glutine e la riduzione al minimo di residui dei trattamenti, indipendentemente dalla provenienza, per quanto sia importante elaborare un bilancio sul peso delle emissioni in ambiente.

Il dialogo tra il mondo della ricerca e quello della produzione, inclusi i vari soggetti della filiera, con le implicazioni anche dal punto di vista della rintracciabilità, assume dunque un rilievo fondamentale. E ciò sarà al centro del congresso bolognese.

 

 

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