Sale la tensione sui prezzi del vino italiano. La vendemmia che solo nelle prossime settimane entrerà nel proprio clou, è prevista in sostanziale crescita rispetto alla scarsissima annata 2017. Secondo le principali stime si prevede infatti un incremento produttivo che dovrebbe oscillare tra il +21% previsto da Assoenologi al +15% stimato da ISMEA e Unione Italiana Vini e sul quale concorda ora anche l’Alleanza delle cooperative italiane.

Dati che dovrebbero riportare saldamente in Italia la leadership produttiva mondiale. Tuttavia, si tratta di un primato che rischia di non essere privo di controindicazioni. Secondo l’Unione Italiana Vini infatti che ha lanciato un vero e proprio allarme, le catene della Grande Distribuzione italiana, in presenza di un significativo rialzo dell’offerta, hanno già fatto comunicato la propria intenzione di rivedere al ribasso e in maniera significativa, i listini.

«Una proposta inaccettabile – ha commentato il Segretario Generale dell’Unione Italiana Vini, Paolo Castelletti -. Innanzitutto, perché lo scorso anno gli effetti del crollo produttivo legato alla siccità sono stati sostenuti in massima parte dalle imprese». Il riferimento è al fatto che l’incremento delle quotazioni che è stato riconosciuto ai produttori è risultato sensibilmente inferiore al reale rialzo dei costi sostenuti dalle cantine.

«Ma soprattutto vorremmo sottolineare – ha aggiunto Castelletti – che i vini a denominazione d’origine che ormai rappresentano quasi il 50% dell’offerta Made in Italy e una quota ancora superiore delle vendite di vino nella GDO, sono regolati da disciplinari di produzione che ne fissano le rese a livelli di molto inferiori a quelli dei vini comuni. E questo significa che anche in un’annata più favorevole come la 2018 la produzione di vini DOC non crescerà in misura analoga ai volumi generali. E pertanto si rischia di imporre ribassi nei listini a prodotti la cui offerta non si discosterà granché da quella dello scorso anno. Il tutto con pesanti conseguenze in termini di margini e competitività per le imprese».

D’altro canto, una conferma del fatto che un aumento produttivo tout court non necessariamente si traduce in un incremento dei vini DOP emerge anche dai dati resi noti dall’Unione Italiana Vini e relativi alle denunce di produzione. Dati dai quali emerge che la produzione DOP nella scarsissima annata 2017 alla fine si è rivelata superiore rispetto a quella sempre di etichette DOP in un’annata meno critiche come la 2015 (19,4 milioni di ettolitri il 2017 contro i 18,1 milioni del 2015).

Per tutti questi motivi l’Unione Italiana Vini sta lavorando per aprire un confronto con le associazioni della GDO per spiegare nel dettaglio le dinamiche produttive del vino e tenere al riparo il mercato da tensioni sui prezzi che rischierebbero di danneggiare l’equilibrato sviluppo del mercato e deprimere la piccola ripesa dei consumi interni del vino registrata lo scorso anno in particolare proprio dalla GDO.

 

 

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