Graham Brady, il presidente della 1922 Committee (l’organismo che regola le norme interne dei Tory), ha ricevuto la quota minima di 48 lettere necessarie per attivare il cosiddetto no confidence vote. Secondo le regole del partito, si può dare il via alla procedura quando almeno il 15% dei membri del parlamento si esprime a favore.

Il momento della verità arriverà questa sera, fra le 18 e le 20, e il risultato dei voti sarà annunciato «immediatamente». May ha ora bisogno del supporto di almeno 158 parlamentari del suo partito per restare in sella e conservare il timone dei Tory (e del processo di Brexit) nell’arco di 12 mesi. La Premier, sottolineano i media britannici, potrebbe comunque decidere di fare un passo indietro se il totale di voti sfavorevoli risultasse «abbastanza significativo nei numeri».

Del resto, l’opposizione interna sembra intenzionata ad andare fino in fondo. Sono almeno 20, scrive il Guardian, i parlamentari conservatori che hanno dichiarato pubblicamente di aver inviato la lettera di sfiducia contro il Primo Ministro. Fra di loro c’è anche Jacob Rees-Mogg, l’oltranzista della Brexit che ha capitanato le proteste su un patto ritenuto troppo vantaggioso per gli ex partner della UE.

Lo stesso Rees-Mogg aveva già tentato di avviare un voto contro May in novembre, senza raggiungere però la soglia minima di 48 lettere dai colleghi di partito. La procedura si è accelerata all’improvviso dopo la scelta di rinviare il voto della Camera dei Comuni sull’accordo Londra-UE strappato da May a Bruxelles. Tutti i pronostici davano per scontata una sconfitta clamorosa della Premier, con scarti fino ai 100 voti.

In caso di uscita di scena di May, il nuovo leader dei Tory acquisirebbe automaticamente la carica di primo ministro. May sarebbe comunque costretta a restare in carica per un periodo di transizione di circa sei settimane, in attesa della scelta di un nuovo segretario. A quanto scrivono i media britannici, i deputati conservatori ritengono però improbabile arrivare alla scelta di un successore entro quella scadenza. Il risultato sarebbe un rinvio del processo di Brexit oltre il 29 marzo 2019, giudicato come una «parte vitale» della mozione di sfiducia che pende ora su May.

I media locali si stanno già scatenando con il toto-nomine per il dopo May. Fra i nomi che circolano l’ex ministro della Brexit Dominic Raab, l’ex titolare degli Esteri e sindaco di Londra Boris Johnson, il parlamentare Michael Gove, la segretaria di Stato per il lavoro e le pensioni Amber Rudd, il segretario di Stato per gli affari esteri e il Commonwealth Jeremy Hunt, il ministro degli Interni Sajid Javid e il segretario di Stato per lo sviluppo internazionale Penny Mordaunt.

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