I dati della Federal Customs Service (ufficio doganale russo) evidenziano che le esportazioni di frumento da Mosca stanno crescendo a un ritmo annuo del 54%. In nove mesi, da gennaio a settembre del 2018, i grani russi hanno assunto un predominio schiacciante sui mercati internazionali, grazie anche all’effetto valuta determinato dal deprezzamento del rublo, che ha reso più competitive le esportazioni del gigante dell’ex Unione Sovietica.

Se si guarda ai corrispettivi monetari l’aumento è ancora più accentuato, con un 62% di crescita rispetto ai primi nove mesi del 2017 che ha proiettato l’incasso attorno ai $ 6 miliardi.
Dai bollettini delle Dogane russe emerge anche una riduzione di oltre l’11% delle importazioni di cereali, con un tracollo per l’orzo (-94% in valore) e una riduzione, sempre nei nove mesi in esame, di circa l’8% per il granoturco. Nei giorni scorsi il Ministero dell’Agricoltura di Mosca ha anche rivisto al rialzo le stime sulle esportazioni di frumento per l’intera campagna 2018/19, portandole a 35 milioni di tonnellate.

L’attuale ritmo di crescita dei grani russi sui mercati internazionali è “insostenibile e farà segnare in prospettiva un rallentamento, determinando un potenziale vantaggio per i frumenti statunitensi, argentini e anche europei. D’altro canto, basandosi sulle ultime valutazioni di Mosca, lo stock-to-use ratio, il rapporto tra scorte e consumi, è proiettato in Russia all’8%, un livello molto basso che porterebbe l’indicatore al minimo da 18 anni.

Per i frumenti europei le migliori opportunità di vendita nei mercati extra-UE si avranno proprio a partire da gennaio, nella seconda metà della campagna di commercializzazione, quando i grani del Mar Nero inizieranno a scarseggiare. L’Unione Europea a 28 dispone però di un’offerta piuttosto limitata, con l’ultimo raccolto di frumento tenero che, a causa della siccità dei mesi estivi, è indicato attorno ai 127 milioni di tonnellate, l’11% in meno rispetto ai livelli della scorsa campagna.

In crescita le superfici a frumento anche in USA, dove il Dipartimento dell’Agricoltura (USDA) prevede un 6,6% in più sull’anno scorso. Se confermato, il nuovo dato porterebbe le semine ai massimi dal 2015, lasciandole però ancora a parecchia distanza dal picco di 88,3 milioni di acri toccato nel 1981 (-42%). Anche gli analisti britannici dell’International Grains Council (IGC) sono orientati a un recupero delle semine globali a frumento nella campagna 2019/20, pronosticando il primo aumento da quattro anni.Un rimbalzo associato alla positiva evoluzione dei prezzi internazionali, con il wheat sub-Index l’indicatore elaborato dall’IGC che, nonostante i lievi cedimenti congiunturali, segna un aumento del 12% su base annua.

In Italia i prezzi del frumento tenero nazionale hanno raggiunto a Bologna punte di € 222 la tonnellata per la varietà “fino”, facendo segnare su base annua una crescita di circa il 16%.
In aumento a € 227 anche il frumento duro, basandosi sulle ultime rilevazioni di Foggia, con i valori attuali che annullano lo spread finora negativo rispetto alla scorsa annata.

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