Solo alcuni anni fa, erano considerati solamente come “una nicchia” mentre, adesso, i prodotti DOP e IGP sono sempre più un asset strategico non solo dell’agroalimentare Made in Italy ma dell’intera economia nazionale. È quanto è emerso oggi a Roma alla presentazione del XVI Rapporto ISMEA-Qualivita sui prodotti agroalimentari DOP e IGP (compresi i vini). Infatti, per il sistema dell’agrifood certificato nel 2017 è aumentato il valore della produzione, sono cresciute le esportazioni e si rafforzano, anche se con riferimento alla GDO, i consumi interni.

Secondo i dati del Rapporto 2018 infatti l’intero sistema delle DOP e IGP in Italia conta 822 marchi per un valore alla produzione di € 15,2 miliardi (+2,6% rispetto al 2016) e un export di € 8,8 miliardi (+4,7%). Un comparto che vale il 18% dell’intero settore agroalimentare italiano e copre il 21% del totale delle esportazioni di food & wine.

Separando i due grandi segmenti il capitolo food conta un valore alla produzione di € 6,96 miliardi (+3,3%) che diventano € 14,7 mld (+6,4%) al consumo e un export che nel 2017 ha raggiunto i € 3,5 miliardi (+3,5%). Ancora più rilevanti i numeri registrati dal settore vinicolo che conta un valore alla produzione di € 8,27 miliardi (+2%), un export di € 5,26 (+5,8% mentre l’export complessivo compresi i vini non a denominazione sfiora i € 6 miliardi) e nel 2017 ha visto una produzione di 2,95 miliardi di bottiglie.

La qualità agroalimentare italiana è quindi un sistema complesso che conta complessivamente 197.347 operatori e 275 consorzi di tutela e può contare su un sistema di organismi pubblici di controllo che nel 2017 ha effettuato oltre 10 mila verifiche.

«I prodotti agroalimentari a indicazione geografica – ha commentato il Ministro delle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio – sono un asse strategico del Paese. Tra le nostre azioni è prioritaria la lotta all’Italian Sounding lesivo dei diritti dei consumatori ma anche degli interessi economici dell’intera filiera agroalimentare. Dobbiamo migliorare la competitività del settore attraverso politiche di sostegno per le aziende agricole e quelle agrituristiche, potenziando l’export, garantendo una filiera sicura ed equilibrata per offrire anche nuovi posti di lavoro ai più giovani».

«I dati che emergono dal Rapporto – ha aggiunto il direttore generale di ISMEA, Raffaele Borriello – dimostrano come il sistema delle indicazioni geografiche rappresenti una solida realtà dell’economia agroalimentare italiana e quanto esso contribuisca al consolidamento della reputazione del Made in Italy nel mondo».

Ma la vera novità del Rapporto 2018 è la sezione dedicata a DOP e IGP su web e social, in sostanza una fotografia delle conversazioni e del sentiment on line realizzata sui 50 prodotti food e 50 wine DOP e IGP che contano il maggior numero di follower.

«Nel mondo delle DOP e IGP in questi anni sono cambiate molte cose – ha aggiunto il direttore della Fondazione Qualivita, Mauro Rosati -. Nel 2010 molti consorzi non erano neanche interessati ad approfondire le tematiche web. Oggi il 61% delle IG ha un sito web ufficiale e il 52% ha un profilo social. Ma soprattutto dal monitoraggio che abbiamo effettuato su 64 milioni di engagement, tenendo conto di 2,4 milioni di menzioni e dei post effettuati da 1,1 milioni di autori emerge come il sistema DOP e IGP sia un vero e proprio ambasciatore della cultura italiana nel mondo.

Un’armata che racconta il Paese, non solo se stessi ma anche i propri territori di origine diventando così un fenomenale strumento attrattivo per il turismo. Un ruolo peculiare che solo i marchi territoriali riescono a svolgere e che non ha eguali invece tra i brand aziendali tout court».

E che dai prodotti a indicazione geografica vengano importanti ricadute sui territori di origine è assicurato dal fatto che non esiste provincia italiana che non ricada in una filiera IG anche se tuttavia permane una forte concentrazione del valore.

Nel Nord Est ci sono i distretti più economicamente più rilevanti e le prime 4 regioni generano il 65% del valore totale delle IG. In particolare, il Veneto è la prima regione per impatto economico delle IG (€ 3,5 miliardi) seguita a breve distanza dall’ Emilia Romagna (€ 3,4 miliardi). Tra le provincie al primo posto c’è Parma (con un impatto economico di € 1,41 miliardi) seguita da Verona (€ 987 milioni) e Treviso (€ 880 milioni).

 

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