Assumono contorni sempre più definiti le previsioni dell’AMITOM, l’Associazione dei Trasformatori Industriali del Pomodoro del bacino mediterraneo, con le ultime indicazioni, aggiornate a metà settembre, che certificano un ulteriore peggioramento di resa dopo il pessimo andamento climatico di quest’estate.

Con meno di 15 milioni di tonnellate (14,8 per l’esattezza) si arriverà a fine stagione con un 10,5% di perdita produttiva rispetto alla scorsa annata e con un meno 11,4% sulla media del triennio 2015-2017.

I principali Paesi produttori sono quelli che hanno maggiormente contribuito a determinare questa situazione, spiegano gli analisti dell’AMITOM, considerando che mancano all’appello 600mila tonnellate di pomodori sia in Italia che in Turchia (il confronto è con i livelli di un anno fa), 650mila in Spagna e 454mila in Portogallo. Di contro sono aumentati i raccolti in Russia, Iran e Ucraina, Paesi che non arrivano però a volumi sufficienti a riportare in pareggio il conto finale.

In Italia, secondo maggiore produttore mondiale dietro la California, il taglio di 150mila tonnellate rispetto alle indicazioni di agosto (ma di 300mila rispetto alle stime di inizio stagione) portano a stimare il raccolto 2018 a 4,6 milioni di tonnellate, corrispondenti a una riduzione dell’11,5% su base annua (nel 2017 si era arrivati a 5,2 milioni).

Nel Nord Italia resta in campo solo un 10%, ancora da raccogliere, ma non si andrà oltre la soglia dei 2,4 milioni. Rimane invece da processare ancora un terzo delle superfici nel distretto meridionale, che si avvia a concludere la peggiore stagione degli ultimi dieci anni, con soli 2,2 milioni di tonnellate.

Il miglioramento selle condizioni climatiche in Spagna ha spinto gli analisti a rialzare la stima di settembre di 100mila tonnellate. Un volume comunque insufficiente a cambiare le sorti di una campagna che lascia un buco di quasi il 20% rispetto al dato del 2017, in previsione di 2,7 milioni di tonnellate.

Disastroso il bilancio in Turchia, dove al forte calo produttivo, di oltre il 30% su base annua, rispetto al risultato già deludente del 2017, si somma l’evidenza di un esito qualitativo insoddisfacente. Una combinazione di fattori negativi che ha fatto impennare le quotazioni fino a € 106 la tonnellata, oltre il doppio di quanto contrattato a inizio campagna.

La situazione è invece complessivamente positiva nel primo produttore mondiale, con le previsioni che per lo Stato della California restano ancorate a 10,7 milioni di tonnellate, confermando la buona qualità dei raccolti. Il rimbalzo (+13%) rispetto al risultato eccezionalmente scarso di un anno fa, non è comunque bastato a ricondurre la produzione nel solco di una media storica decisamente più elevata, con potenziali che si spingono anche oltre i 13 milioni di tonnellate.

Su scala globale, intanto, secondo le stime del World Processing Tomato Council, si scenderà quest’anno sotto quota 34,8 milioni di tonnellate, con un 8% di riduzione su dodici mesi. Un risultato sul quale ha avuto un ruolo determinante anche il tracollo della produzione cinese, dopo la chiusura di diversi impianti di lavorazione del pomodoro per la crisi dell’export di concentrati, con il Dragone che da 6,2 milioni di tonnellate dovrebbe scendere a quota 3,7 milioni (-40%).

 

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