La Roadmap del grano. La notizia, da copertina, è pubblicata su Science, la prestigiosa rivista scientifica dell’American Association for the Advancement of Science.

Il cereale più coltivato e indagato al mondo dai tempi di Nazareno Strampelli, che già all’inizio del Novecento aveva fatto della genetica del frumento una mission, non ha più segreti: duecento scienziati provenienti da 73 istituti di ricerca in tutto il mondo ne hanno «sequenziato» il genoma, dopo aver passato al setaccio 15 miliardi di geni.

Ci sono voluti tredici anni per mettere in fila i 21 cromosomi del Chinese spring, la varietà top del frumento tenero: la scoperta apre scenari promettenti sul fronte industriale, se si considera che il prodotto più consumato al mondo è soggetto a una molteplicità di variabili che vanno dal clima, ai parassiti, alla politica (le guerre commerciali).

In Italia, dove la coltura fornisce il prodotto base per pane, pizza e dolci, la produzione nazionale di frumento tenero si è dimezzata rispetto agli anni Settanta, riducendosi a una forbice compresa tra i 3 e 3,5 milioni di tonnellate, insufficienti per il fabbisogno nazionale: possederne la chiave del DNA consentirà ai breeders di identificare più rapidamente i geni e gli elementi regolatori responsabili di caratteri agronomici complessi quali resa, qualità, resistenza a malattie fungine e tolleranza agli stress abiotici, come già accaduto con mais e riso.

«Le nuove conoscenze sul genoma del frumento tenero – commenta Luigi Cattivelli, che con il CREA ha contribuito all’importante scoperta – possono fornire l’occasione per rivitalizzare il comparto tramite collaborazioni pubblico-private».

Proprio dell’aspetto legato alla resistenza climatica si è occupato il gruppo di ricerca guidato dal Consiglio per la Ricerca in Agricoltura che – forte di una esperienza riconosciuta a livello internazionale – nel genoma ha identificato i geni CBF, responsabili della resistenza a temperature sotto lo zero.

«Isolarne il genoma è un po’ come guardare all’interno del suo motore», chiosa Rudi Appels, professore all’Università di Melbourne e AgriBio Research Fellow. «Quello che vediamo è meravigliosamente assemblato per consentire la variazione e l’adattamento».

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