La vendemmia 2018 non sarà un’annata facile. Le condizioni meteo di estrema variabilità dei mesi estivi e che non sembrano affatto essersi stabilizzate nelle settimane clou per le operazioni di raccolta sono evidenti. Elementi che sconsigliano in primo luogo considerazioni nette sul piano della qualità estremamente eterogenea nelle varie aree produttive d’Italia. Ma non è facile neanche arrivare a dati univoci sul fronte delle quantità.
Nei giorni scorsi le tradizionali stime di Assoenologi l’associazione degli enologi ed enotecnici italiani hanno indicato per l’annata 2018 una produzione di 55,8 milioni di ettolitri in sostanziale crescita (+21%) rispetto al 2017 che a sua volta era stato un millesimo di limitata produzione perché pesantemente influenzato prima dalle gelate primaverili e poi dal gran caldo unito alla siccità nel corso dell’estate.
Secondo l’Associazione guidata da Riccardo Cotarella il 2018 sarà una vendemmia diametralmente opposta rispetto a quella dell’anno precedente perché al posto della siccità quest’anno si è avuta abbondanza di precipitazioni che, da un lato, hanno gonfiato gli acini in fase di maturazione provocando quindi un sensibile incremento dei volumi (con giudizi tutti da approfondire però sul piano della qualità) e dall’altro, a causa dell’elevato tasso di umidità nei vigneti, hanno favorito tanto in Italia quanto in Francia la diffusione di fitopatie come peronospora e oidio.
Insomma, una vendemmia molto complessa. E una conferma potrebbe venire domani alle 10 al Ministero delle Politiche Agricole a Roma quando verranno presentate le stime produttive realizzate da ISMEA e Unione Italiana Vini. A questo proposito a far pensare a un balletto di cifre sono le primissime stime che ISMEA e UIV hanno diffuso a luglio scorso e nelle quali parlavano di una forbice compresa tra i 47 e i 49 milioni di ettolitri. Se tali dati venissero confermati, nell’ipotesi migliore ovvero di una produzione di 49 milioni di ettolitri (che equivarrebbero a una crescita produttiva del 15%), saremmo però in presenza di un differenziale tra le due stime di quasi 7 milioni di hl. Più di quanto produce la Sicilia e poco meno di quanto realizza l’Emilia Romagna due tra le principali regioni produttrici italiane. E proprio l’emergere di differenziali significativi nelle previsioni produttive è forse il sintomo più chiaro di una vendemmia difficile.
Tornando ai dati forniti da Assoenologi la leadership produttiva regionale dovrebbe tornare alla Puglia con 11,9 milioni di ettolitri (anche se negli ultimi giorni si sono verificate forti grandinate che hanno penalizzato i vigneti di Negramaro nel Salento) che dovrebbe così precedere il Veneto (con 10,1 milioni). Ma incrementi a doppia cifra si registrano in molte regioni. Si va infatti dal +35% di Lazio e Umbria al +30% dell’Emilia Romagna ai progressi di Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Campania, Puglia e Sardegna tutte con crescite superiori al 20%. Piogge e grandinate hanno invece penalizzato i raccolti in Sicilia dove non si andrà oltre un +8 per cento.
Alla crescita dei volumi deve ora seguire un rinnovato impegno sui mercati. A giugno, dopo mesi di stallo, il Ministro delle Politiche Agricole, Centinaio, ha finalmente sbloccato i finanziamenti UE (circa € 102 milioni l’anno) per la promozione all’estero del vino rimasti incagliati da un’ondata di ricorsi amministrativi nella campagna 2016-17.
Nelle settimane successive molte regioni hanno provveduto ad emanare i bandi per la presentazione dei progetti. Anche se sullo sfondo restano intatti i nodi giuridici che hanno scatenato i ricorsi. «La priorità era far ripartire le iniziative – commenta Cotarella –. D’altro canto, il Ministro Centinaio ha già sbloccato un’altra importante partita, quella del Comitato Vini del MIPAAFT, altro snodo decisivo per migliorare la competitività dei vini italiani.