Nei mesi scorsi l’accordo commerciale di libero scambio tra Stati Uniti e Unione Europea, il CETA, è stato al centro di accese polemiche sull’opportunità per l’Italia di ratificarlo. Dopo essersi schierato apertamente contro il Trattato (entrato in vigore in via provvisoria quasi un anno fa, il 21 settembre 2017) il Governo italiano, a cominciare dal Ministro delle Politiche Agricole Gian Marco Centinaio che lo aveva duramente criticato, ha deciso di prendersi una sorta di pausa di riflessione, utilizzando tutto il tempo necessario (ratificato nel frattempo da 11 paesi UE, tra cui la Spagna) per valutarne al meglio il reale impatto su agricoltura e non solo.
A questo proposito, un elemento utile è emerso nei giorni scorsi quando la Federazione dei Produttori ed Esportatori spagnoli di ortofrutticoli (FEPEX), ha reso noti i dati relativi all’export verso il mercato canadese. Nei primi cinque mesi dell’anno in corso, grazie all’abbattimento delle tariffe previsto dall’accordo di libero, si è registrato un aumento record delle esportazioni di oltre l’80% in volume, per un corrispettivo di € 39 milioni. La FEPEX ha pure indicato che limoni, peperoni e aglio sono stati i prodotti più richiesti dagli operatori canadesi.
Intanto, sempre in tema di libero scambio, dopo l’intesa preliminare raggiunta con il Messico, i negoziatori USA sono ora al lavoro per trovare un accordo anche con il Canada.
L’obiettivo è quello di porre le basi per una profonda revisione in tempi brevi del NAFTA, l’Accordo nord-americano di libero scambio, entrato in vigore 24 anni orsono. Stando alle informazioni diffuse dalla delegazione americana, sono già stati definiti i capitoli riguardanti il commercio delle auto e la protezione dei lavoratori, con la previsione di un salario minimo.
Restano, invece, ancora da regolare le questioni relative all’agricoltura, con particolare riferimento al sistema canadese di gestione del mercato lattiero-caseario, che è duramente contestato dagli USA.
A partire dal 1970, è in vigore in Canada un meccanismo di controllo della produzione di latte molto simile alle quote eliminate nell’Unione Europea. Per garantire un prezzo minimo agli allevatori, viene anche applicata una limitazione delle importazioni dai Paesi Terzi, grazie all’imposizione di tariffe doganali particolarmente elevate e che coprono, in aggiunta ai prodotti lattiero-caseari, anche uova e carni di pollo. Sui prodotti lattiero-caseari, ha fatto notare la delegazione americana, le tariffe superano il 240%, con il risultato che il prezzo all’origine del latte in Canada è superiore di oltre il 30% a quello prevalente sul mercato statunitense.
Da parte loro, i rappresentanti canadesi hanno fatto notare che, nonostante l’applicazione di alti dazi doganali, l’import copre stabilmente il 10% del consumo interno di prodotti lattiero-caseari. Inoltre, è stato pure rilevato che non ci sono grandi differenze tra la regolamentazione canadese per il controllo dell’offerta di latte e quella in vigore negli USA per il settore dello zucchero. Al riguardo, può essere interessante ricordare che nell’ambito delle discussioni in corso negli USA sul rinnovo del “Farm Bill”, la legge pluriennale di spesa a favore dell’agricoltura, la Camera dei Rappresentanti ha respinto un emendamento che prevedeva una riforma della normativa in vigore, al fine di ridurre il prezzo dello zucchero pagato dai consumatori e dalle industrie utilizzatrici.
Nonostante le rassicurazioni date dal Governo, gli allevatori canadesi sono già mobilitati per evitare la riduzione delle garanzie, che si aggiungerebbero alle concessioni già accordate all’UE per l’importazione di formaggi con il CETA.