Nell’era della globalizzazione, anche la circolazione dei prodotti alimentari può sembrare uno scherzo da ragazzi. Discorso in parte vero, nel caso di produttori dell’Unione Europea. Non si può dire altrettanto per i prodotti che provengono da presìdi extra-europei, come fonio o bulgur, il cui iter per arrivare in Italia è piuttosto complicato.

Lo ribadisce Alessandra Turco, della Fondazione Slow Food, alla vigilia di «Terra Madre Salone del Gusto», che si terrà a Torino dal 20 al 24 settembre 2018.

Quest’anno il primo a varcare la frontiera italiana dall’Africa è stato il berberè di Farmers and Handicrafts Cooperative Awra Amba Amhara, un misto di spezie tipico della cucina etiope. «In tutto sono arrivati a Torino circa 200 prodotti», racconta Alessandra Turco. Si tratta di cibi noti e meno noti, alcuni a Torino per la prima volta, che possono essere scoperti e assaggiati durante la kermesse organizzata da Slow Food, città di Torino e Regione Piemonte.

«I problemi delle spedizioni sono davvero tanti – continua la Turco – e per far sì che i prodotti arrivino a destinazione è fondamentale il sostegno della rete Slow Food locale, che svolge un’intermediazione basilare sotto molti punti di vista, primo fra tutti la lingua».

Il primo ostacolo da superare è rappresentato dalla documentazione: «un esempio banale è la fattura, indispensabile per far entrare qualunque merce in territorio italiano. Molti produttori non hanno idea di cosa si tratti».

La frammentazione della legislazione da Paese a Paese complica le cose, per cui è necessario interfacciarsi con le Camere di Commercio locali, piuttosto che con i vari uffici sanitari.

Altro ostacolo l’etichettatura: la legge europea impone un codice piuttosto preciso e restrittivo, il più delle volte poco rispettato dai produttori. «Ho ricevuto confetture fatte con un frutto il cui nome non mi diceva nulla, e di cui i produttori conoscevano solo il nome locale, un’informazione insufficiente per risalire alla specie», commenta Turco. «Non è sempre semplice ottenere questi certificati per chi non ha dimestichezza con le regole del commercio internazionale: i produttori di piccola scala che arrivano a Torino, infatti, normalmente vendono sul mercato locale e si occupano di tutto in prima persona; non hanno esperienza con le esportazioni».

Per alcuni prodotti si procede importando con largo anticipo un campione, che viene poi consegnato all’Istituto Zooprofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta e al laboratorio Chimico della Camera di Commercio di Torino per le dovute analisi. Se risultano conformi alla legislazione nazionale ed europea sull’igiene e la sicurezza alimentare, i risultati delle analisi sono spediti al Ministero della Salute per richiedere una deroga, grazie alla quale è possibile importare le quantità desiderate del prodotto.

Superata la dogana, i prodotti sono controllati dall’Asl di Torino nei giorni precedenti all’evento, per poter essere venduti in totale sicurezza ai visitatori. Tutto ciò che non viene venduto deve essere distrutto, perché la deroga alla vendita vale solo nei giorni dell’evento.

Interessanti i casi del miele di melipona e del formaggio a latte crudo, protagonisti di curiose vicissitudini. «L’Unione Europea considera mieli solo quelli fatti da Ape europea (Apis mellifera), ma in Africa, Asia e America Latina esiste anche la famiglia delle melipone, minuscole api senza pungiglione che producono un miele liquido, aromatico, usato come dolcificante e nella medicina naturale. Per poter vendere questi mieli è necessario cambiare nome: non miele, ma “crema spalmabile di apicoltura nativa”».

I formaggi a latte crudo invece si possono importare soltanto dall’Unione Europea e da un gruppo ristretto di altri Paesi.

Ci sono poi prodotti che non possono arrivare a Torino per via delle situazioni politiche dei loro Paesi: è il caso dei datteri delle oasi libiche o dell’uvetta abjosh di Herat (Afghanistan), che arriva su un aereo militare grazie alla collaborazione del Ministero della Difesa, dell’Esercito Italiano e del Comando operativo di vertice interforze (COI).

Poi ci sono i presìdi habitué di Terra Madre, che con il passare delle edizioni hanno affinato la loro partecipazione. È il caso del presidio argentino della farina di carruba di carrubo bianco, che quest’anno partecipa sotto forma di cioccolato.

 

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