«Nella mia visita – aggiunge – avrò incontri istituzionali, incontrerò il ministro delle Finanze Liu Kun, il governatore della People’s Bank of China e molti altri rappresentanti delle autorità finanziarie e monetarie cinesi. Obiettivo della missione è rafforzare i rapporti economici tra i due Paesi, non certo cercare compratori per i titoli del debito pubblico. Non abbiamo questo problema. Gli investitori cinesi valuteranno se acquistare i titoli italiani, esattamente come gli investitori di altri Paesi o italiani. Fino a oggi chi lo ha fatto non si è pentito e sono fiducioso che il giudizio positivo sulla stabilità finanziaria dell’Italia si rafforzerà nel momento in cui si concretizzerà la politica di bilancio del governo italiano».
Tria ricorda tra l’altro nell’intervista come negli ultimi anni «i rapporti di collaborazione e commerciali si sono intensificati» tra Italia e Cina. «Lo scorso anno – dichiara – la visita del Presidente Mattarella ha dato nuovo impulso al dialogo e la nostra missione è in continuazione ideale con essa». Ulteriori opportunità potranno derivare dai «recenti progressi registrati nell’economia cinese, dalle riforme strutturali volte alla modernizzazione e ad agevolare l’accesso al mercato». Sono in forte crescita gli scambi commerciali e «vi è ampio spazio per aumentare gli scambi nei campi culturale, dell’istruzione e della ricerca scientifica».
«Le politiche protezioniste non giovano all’economia e in genere portano danno a tutti i Paesi coinvolti. È bene quindi sviluppare un dialogo che consenta di superare ogni incomprensione e rafforzare il libero scambio» aggiunge il Ministro, parlando della politica protezionistica americana e delle tensioni commerciali USA-Cina.
«L’economia italiana sarebbe sicuramente danneggiata dall’affermarsi di politiche protezionistiche, sia direttamente sia indirettamente, poiché quella italiana è un’economia di trasformazione, che ha sempre prosperato nei periodi di sviluppo del commercio internazionale e di apertura dei mercati. Siamo il secondo Paese manifatturiero europeo che vive di importazioni ed esportazioni», conclude Tria.
Da lunedì 27/08/18, la missione italiana a Pechino e Shanghai: perché la Cina potrebbe acquistare bond italiani.
Il Ministro dell’Economia è arrivato a Pechino, tappa iniziale della sua missione in Cina e della prima fuori dall’UE, che nei prossimi giorni toccherà anche Shanghai. Tria, con una delegazione di sei persone tra cui il Vice-Direttore della Banca d’Italia Fabio Panetta, è accompagnato anche da una rappresentanza di società di primo piano, tra cui sono segnalati Cassa Depositi e Prestiti (col neo AD Fabrizio Palermo), Snam e Fincantieri. Ricca l’agenda di colloqui tra autorità e investitori sia a Pechino sia a Shanghai. Domani il Ministro avrà un bilaterale con il Ministro delle Finanze Liu Kun, già visto al G20 di Buenos Aires. Tra gli incontri istituzionali figura anche quello col governatore della Banca Centrale Cinese (PBOC), Yi Gang. La ripartenza per l’Italia è attesa per il 1° settembre.
A guidare la classifica dell’export in Cina sono Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto. Con al top le provincie di Milano e Torino. Lombardia e Veneto incalzate da Sicilia e Lazio.
Tra le regioni italiane solo le locomotive dell’export Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto a vendere più merci a Pechino, rispettivamente con 4 miliardi, 2,3 miliardi, 1,9 miliardi e 1,7 miliardi nel 2017. Tuttavia, pur partendo da valori più bassi, sono Sicilia, Lazio e Sardegna i territori che hanno registrato l’incremento maggiore nell’ultimo anno (rispettivamente +212,5%, +170% e +115,8%).
Boom di Frosinone e Genova: nella classifica provinciale, sono sempre i capoluoghi di Lombardia e Piemonte a fare la parte del leone, con rispettivamente 1,9 miliardi (Milano) e 1,6 miliardi (Torino) esportati in Cina. Tuttavia, a livello di incremento percentuale, a guidare la classifica sono Frosinone, che ha registrato un vero e proprio boom (+1.890,8%), e Genova (+141,5%). A Frosinone ha pesato l’apertura delle auto al mercato cinese (€ 447 milioni contro lo zero del 2016). A Genova, invece, a trainare è stato l’exploit dei macchinari (fino al +623% delle macchine utensili) e i prodotti chimici (+456%).