L’ottimo giudizio sullo stato delle coltivazioni in USA, rilasciato nero su bianco dal Dipartimento dell’Agricoltura Americano (USDA) nell’Outlook di agosto, spiega la de-escalation dei prezzi di cereali e semi oleosi, interessati nelle ultime sessioni di borsa da diffusi rintracciamenti al Chicago Board of Trade (CBOT).

Il bearish market, che nel linguaggio tecnico delle sale di contrattazione coincide con l’avvio di una fase ribassista potenzialmente duratura, ha però limitato i suoi effetti sulla sponda Est dell’Atlantico, dove il sentiment degli operatori resta condizionato dal pessimo sviluppo vegetativo dei cereali estivi in Nord Europa, a causa del caldo record e della siccità.

A limitare l’effetto contagio e il conseguente impatto negativo sui listini del Vecchio Continente è stato anche il deprezzamento dell’Euro, con la moneta comune che nel cross con il Dollaro USA è scesa in questi giorni ai minimi da oltre un anno, in un mercato disorientato dal crollo della lira turca.

La nuova view degli analisti americani converge su dati di resa, soprattutto per la soia, ben superiori alle attese, con le stime di agosto che sono andate al di là anche della più rosea delle previsioni di consenso.

Il risultato oltre le aspettative è motivato da un andamento climatico particolarmente favorevole, che proietta l’offerta di soia USA 2018/19 al record storico di 124,8 milioni di tonnellate, in crescita di oltre il 4% su base annua, sia pure in un contesto di forte incertezza sugli sviluppi delle vendite.

I dati over size – osservano gli analisti – rendono ancora più urgente, per le sorti della campagna di commercializzazione, il superamento dell’attuale impasse tra Washington e Pechino, dopo il botta e risposta sui dazi che ha già causato una netta divergenza nella dinamica delle quotazioni internazionali, deprezzando la soia a stelle e strisce e imprimendo una spinta al rialzo ai listini sudamericani.

Anche per il granoturco, favorito oltre Atlantico dal quadro meteo estivo, il dipartimento dell’Agricoltura americano ha irrobustito le stime rispetto alle valutazioni di luglio, pronosticando il terzo miglior bilancio di sempre, a 370 milioni di tonnellate abbondanti. Un risultato anche questo ben oltre le attese degli analisti che spiega la reazione di chiara impronta ribassista dei mercati e il sell-off al CBOT.

Nel frattempo, la proiezione sui raccolti mondiali, aggiornata dall’USDA nel Grains Report di agosto, attesta a un miliardo e 61 milioni di tonnellate l’output di mais per la stagione 2018/19, un volume in crescita del 2,7% su base annua e poco distante dal record di un miliardo e 78 milioni messo a segno nel 2016/17.

La stima incorpora l’evoluzione negativa della produzione in Europa dove, anche nel giudizio degli analisti americani, è atteso un netto peggioramento di resa che porta adesso a stimare la produzione di mais su un livello inferiore a 60 milioni di tonnellate, contro 62,3 milioni dell’ultima annata.

Fenomeno accompagnato da una netta accelerazione delle importazioni UE, indicate adesso a 18 milioni di tonnellate (era a 16 milioni la stima di luglio).

Il downgrade sull’output europeo spiega anche la correzione al ribasso della previsione sulla produzione mondiale di frumento, attestata adesso sotto quota 730 milioni di tonnellate (erano 758 milioni nella scorsa campagna), minimo dal 2014/15.

Un risultato sul quale influisce in maniera significativa l’evoluzione del quadro quali-quantitativo in Nord Europa, in particolare in Germania dove, a giudizio del DRV, organismo che riunisce le cooperative agricole del settore, il raccolto 2018 di cereali è proiettato ai minimi da 24 anni.

 

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